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Gheddafi, mistero su sua sorte: "Non sappiamo se è vivo"

Libia, bombe sul bunker del Colonnello a Tripoli: ormai l'obiettivo è eliminarlo. La Russa: "Non commento, l'Italia non attacca città"

Giulio Bucchi
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La missione Nato in Libia ormai è chiara: eliminare Gheddafi, politicamente o fisicamente, ammesso che il raìs sia ancora vivo. E se trattare la resa diventa ogni giorno più difficile (lo dimostrano gli sbarchi di immigrati subsahariani che si stanno succedendo a Lampedusa, 'arma di ricatto' del Raìs sull'Europa), allora si procede con le armi. Negli ultimi giorni, e in particolare nelle ultime ore, il vero mistero riguarda la sorte di Gheddafi. Dov'è il raìs? Da dieci giorni, infatti, del dittatore libico non vi è traccia. Le voci si inseguono sul web e sulla stampa internazionale: c'è chi sostiene che Gheddafi sia stato ucciso in un bombardamento. Se così fosse, le forze lealiste avrebebro subito una sconfitta forse decisiva, e il tempo per metabolizzare e comunicare la notizia si potrebbe dilatare a dismisura. E a complicare ulteriormente il quadro, ad alimentare l'incertezza sulla sorte del dittatore, è arrivata la dichiarazione del generale  Claudio Gabellini, impegnato nelle operazioni Nato in Libia. Rispondendo ad alcune domande in un briefing di Napoli ha dichiarato: "Non abbiamo nessuna prova su cosa Gheddafi stia facendo e non ci interessa realmente. Il nostro mandato - ha tagliato corto - è quello di proteggere la popolazione civile, non di colpire individui". Frasi elusive, che non danno per scontato nulla e che, anzi, sembrano quasi suggerire che anche la Nato ipotizzi che il raìs sia stato eliminato. Ma su questo non c'è ancora nessuna certezza. I BOMBARDAMENTI - Nella notte tra lunedì e martedì gli aerei della Nato hanno eseguito dei raid su Tripoli, colpendo Bab al-Aziziya, il compound all'interno del quale si trova una delle residenze del colonnello Muammar Gheddafi. Lo ha riferito l'emittente al-Arabiya, citando una fonte locale che ha riferito di cinque forti esplosioni nella capitale, che avrebbero provocato il ferimento di quattro bambini. Il bombardamento di stanotte è stato uno dei più pesanti delle ultime settimane, stando a quanto riportato dalla tv del Qatar. Oltre a Bab al-Aziziya, sono stati colpiti altri quattro obiettivi a Tripoli, tra cui un palazzo che si ritiene essere una sede dell'intelligence libica ed un edificio governativo. Un giornalista dell'Afp ha intanto riferito che alcuni velivoli hanno condotto una serie di violenti attacchi nei pressi delle sedi dei media di Stato libici. CRESCE L'OFFENSIVA - I raid del Patto Atlantico sono arrivati il giorno successivo la dichiarazione del segretario generale, Anders Fogh Rasmussen, secondo il quale "la partita è finita: per Gheddafi e il suo regime non c'è più futuro". Bombardamenti anche lunedì: secondo i ribelli di Bengasi, la nato ha colpito quattro volte i depositi di armi nei pressi di Zintan, oltre le zone limitrofe a Tamina e Chantine, a est di Misurata. LA RUSSA: "NON COMMENTO RAID" - Il ministro della Difesa Ignazio La Russa ha precisato che non intende dare opinioni in merito ai bombardamenti Nato: "Non ho intenzione di commentare nè di dare informazioni su singoli raid. Posso solo dire che l'Italia non partecipa a bombardamenti sulle città, per quanto condivisibili". RIBELLI A TRIPOLI - Di pari passi all'azione militare della Nato, cresce d'intensità anche la campagna dei ribelli, che secondo alcune fonti locali - non confermate ma riprese da Al Arabiya - sarebbero arrivati con la loro rivolta ad investire la periferia di Tripoli. Alla guida degli insorti ci sarebbero degli ufficiali disertori che hanno ingaggiato un violento scontro con i lealisti di Gheddafi. PROFUGHI - La guerra comporta un esodo di massa dalla Libia. Dopo le rivelazioni choc di lunedì - Gheddafi costringe dei barconi di disperati a salpare per l'Italia - arrivano le stime del responsabile delle operazioni umanitarie dell'Onu, Valerie Amos, che da New York ha stimato in 750 mila i libici fuggiti dal Paese dall'inizio del conflitto. Ne è seguito un appello, per una tregua, che consentirebbe di fronteggiare l'emergenza umanitaria. Secondo Human Rights Watch, infatti, gli attacchi del governo, in Libia, violano le leggi di guerra.

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