Savage Beauty: al Metropolitan rivive McQueen
A distanza di qualche mese dall'anniversario della scomparsa dello stilista, il Met inaugura la retrospettiva dedicata al genio della moda
Bellezza selvaggia. Un bellezza che vive libera, che segue l'istinto, che spazia e si muove fluida, non teme gli sguardi incuriositi, ma al contrario si sente libera di esprimersi. Consapevole di essere affrancata da vincoli e schemi precostituiti. Così era la bellezza per Alexander McQueen, tanto avido di bellezza, quella pura, selvatica, non stereotipata da farne una malattia. Tanto curioso di indagare a fondo tra gli infiniti contrasti che popolavano la sua anima -bianco e nero, bene e male, delicato e forte, ruvido e suadente- da farsi ferire nel profondo e da scegliere di non poter resistere. Si può essere così coraggioso da osare, da creare bellezza pura senza nessuna paura e poi al tempo stesso tanto fragile da pensare di non poter andare avanti? BELLEZZA SELVAGGIA AL MET - Ogni anno il Metropolitan Museum accende i riflettori sulla fashion industry, dedicando uno spazio a quella moda che, lontana dai diktat esclusivamente commerciali , prova a raccontarsi in un modo diverso e speciale, confermando che si può essere artisti anche con ago e filo in mano, purché il moto interiore, l'espressione più profonda della propria creatività sappiano emozionare lo spettatore. Con questa chiave di lettura certamente McQueen merita il titolo di artista, e la sua mostra “Savage Beauty” ne è il manifesto. Scorporata del suo aspetto glamour e mondano, della parata di vip - Sarah Jessica Parker, Madonna, Beyoncé, Gisele, Naomi Campbell, Jennifer Lopez e così via - che come ogni hanno ha sfilato in occasione del Costume Institute Gala Benefit, la serata inaugurale offerta da Vogue -uno degli eventi più attesi dell'anno dal gotha della moda- la mostra che, annunciata alla fine del 2010 ha lasciato tutti con il fiato sospeso in attesa, non è solo un omaggio allo stilista morto suicida ma è la sua stessa essenza. Fin dall'ingresso il suo curatore, Andrew Bolton, ha voluto approfondire l'infinità di contrasti che popolavano l'anima e quindi la creatività del genio della moda, lasciando la parola a due degli abiti che forse più di tutti sono in grado di rappresentare l'istinto appassionato che ha ispirato l'intensa seppur breve carriera di McQueen, due creazioni pensate per la collezione “Voss” del 2001. TRA CREATURE MAGICHE E CONTRASTI - Tra vestiti ed accessori stravaganti – 170 pezzi in tutto- che danno vita a creature magiche, eteree, alle volte spaventose si respira l'aria mistica, fiabesca e onirica che ha caratterizzato tutte le sue collezioni dalla prima all'ultima. Sembra quasi di avere accesso al mondo più privato e intimo di Lee McQueen, di percepire il rapporto particolare che aveva con il buio e con la luce, si intuisce perfino come la morte ossessionasse lo stilista quanto la vita. “E' importante guardare alla morte perché è parte della vita. E' una triste, malinconica ma romantica al tempo stesso. E' la fine di un ciclo, tutto ha una fine. Il ciclo della vita è positivo perché genera spazio per le cose nuove” aveva detto poco prima del suo suicidio McQueen in un'intervista. “Savage Beauty” racconta di uno stilista molto amato e apprezzato, ma anche di un'anima fragile, capace di trasformare l' angoscia, anche quella più terribile, in straordinarie opere d'arte. di Donatella Perrone