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Paura atomica: corsa per fermare la minaccia da Teheran

Allarme dopo morte Bin Laden. Iran forsa ha fornito ad al Qaeda un "ordigno sporco": perse le tracce dal 2002

Andrea Tempestini
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All'apertura del testamento di Osama Bin Laden, si potrebbe scoprire che ha lasciato in eredità una bomba atomica. È una minaccia con la quale i servizi d'intelligence di tutto il mondo avevano in qualche modo imparato a convivere. Finora. Ma, da quando gli scenari successivi all'uccisione del leader di Al Qaeda comprendono l'ipotesi della vendetta contro l'Occidente, qualcuno inizia a udire il tic-tac inquietante di un meccanismo a orologeria che ha iniziato un sinistro conto alla rovescia. I JIHADISTI DISSIDENTI Per la Nefa Foundation di New York, centro di ricerca sul terrorismo dedicato alle vittime dell'11 settembre 2001, i segnali conducono verso una direzione univoca: l'Iran. È nella Repubblica islamica di Teheran che, in seguito all'invasione americana dell'Afghanistan, si erano rifugiati alcuni dei primi livelli di Al Qaeda. Tra di loro, in particolare, il capo del Comitato militare, Saif al Adl e due leader religiosi come Abu Hafs al Mauritani e Suleiman Abu al Gaith. Fino all'anno scorso erano controllati a vista, con il divieto di espatriare, benché trattati con ogni riguardo. Poi, in coincidenza con gli attacchi dei droni statunitensi che hanno decimato le gerarchie dell'organizzazione terroristica di Bin Laden a cavallo fra il Pakistan e l'Afghanistan, i jihadisti erano stati liberati. Per il governo di Teheran si tratta probabilmente di un'occasione irripetibile per inserire ai vertici di Al Qaeda alcuni uomini in contatto con le Forze speciali iraniane. Ed è proprio sui tre “iraniani”, già dissidenti perché contrari agli attacchi dell'11 settembre, che si punterebbe per la successione a Bin Laden, sulla quale la carta vincente potrebbe essere appunto il possesso dell'arma nucleare. A rendere più saldo il legame politico fra Teheran e Saif Al Adl sono le circostanze della sua fuga, nella prima metà del 2002, dall'Afghanistan, da dove si sospetta che sia arrivato in Iran con un congegno rudimentale, in pratica una “bomba sporca”. Impossibile sapere come fosse stata perfezionata e quanto fosse utilizzabile all'epoca. Quel che si dà ormai per acquisito è che, dalla metà degli anni 1990, i jihadisti erano entrati in possesso di materiale nucleare. Secondo la Nefa Foundation, il dispositivo sarebbe stato trasportato in Europa per metterlo al sicuro. Ne avevano parlato ampiamente, con il progetto di mandarlo negli Stati Uniti, due capi di Al Qaeda come Sharif Al Masri e Abu Faraj Al Libi. Un anno più tardi Adnan Al Shukrijumah, americano affiliato ad Al Qaeda avrebbe tentato di far passare alcune parti di armi di distruzione di massa negli Stati Uniti dalla frontiera messicana. LA PISTA IRANIANA Tutte indicazioni che comunque  non smontano la pista iraniana. Gli unici ad avere la possibilità di sviluppare, fino a renderlo operativo, il congegno di Saif Al Adl sarebbero gli specialisti della Forza Al Quds, il reparto scelto della Guardia rivoluzionaria iraniana. I tecnici nucleari sul territorio iraniano non mancano. Rimane soltanto il dubbio sull'esatta collocazione dell'ordigno. Se è tornato in possesso di Saif Al Adl, potrebbe essere utilizzato per la vendetta contro il Pakistan che il Consiglio della Shura di Al Qaeda ha promesso entro brevissimo tempo. Se invece ce l'hanno ancora gli iraniani, chissà dove potrebbe colpire. di Andrea Morigi

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