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"Dopo di me tocca a lui": contentino di Silvio a Giulio

Cav, al superministro una carezza. Ma per la successione c'è anche Alfano / CARIOTI / Videoeditoriale Belpietro

Andrea Tempestini
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«Ma dai, è chiaro. Berlusconi ha detto quello che Tremonti voleva sentirsi dire». Ai piani alti del Pdl nemmeno quelli (e sono tanti) che hanno il ministro dell'Economia sul gozzo si scompongono dopo l'annuncio dato ieri dal premier. Davanti alle telecamere di Porta a Porta Silvio Berlusconi non ha escluso un molto ipotetico passo indietro dalla premiership alla fine della legislatura, per dedicarsi solo al partito. In questo caso, ha detto, toccherà ad altre personalità chiedere il voto agli italiani per governare il Paese. «E ne abbiamo diverse, Tremonti in primis, che possono suscitare consenso elettorale». La Lega non ci casca: «Berlusconi resterà a lungo, dice certe cose per allontanarle il più possibile», assicura Umberto Bossi, che sa di che pasta è fatto il premier. Ma i padani gradiscono comunque che il loro migliore amico sia stato benedetto dal Cavaliere, e di questi tempi un gesto distensivo con il Carroccio non fa male. I tre quarti del Pdl apprezzano un po' meno, ma conoscono il capo e sono abbastanza scafati da prendere la cosa con filosofia. I più perfidi, anzi, sono quasi contenti: «Con questo annuncio Berlusconi ha messo Giulio nel tritacarne. Meglio così, in fondo». "Giulio delfino? Un contentino". Guarda il videoeditoriale di Belpietro su LiberoTV Infatti è la prima volta che il presidente del consiglio candida il super-ministro alla successione. Poche settimane fa, durante una chiacchierata con i corrispondenti stranieri, il primo nome che aveva fatto era quello di Angelino Alfano. «Anche se siamo pieni di persone molto valide, da Frattini a Sacconi alla Gelmini», aveva aggiunto. Mancava uno solo, tra i papabili. Il quale non l'aveva presa affatto bene. I titoli con cui il Giornale di Berlusconi Paolo un giorno su due suole affettare il ministro dell'Economia avevano inacidito ancora di più l'umore di Tremonti. Così, l'uscita di ieri ha tutta l'aria di un riconoscimento dovuto a un cavallo di razza, che però non sposta di una virgola i termini della questione. Primo, perché è da vedere se Berlusconi il passo indietro lo fa sul serio. Secondo, perché i pretendenti al trono sono tanti. E di veti Tremonti ne troverà parecchi. Come quello di uno dei ministri abituati a incrociare le lame con lui, che appena letto l'annuncio di Berlusconi ha lanciato l'esorcismo: «Prima Silvio aveva fatto il nome di Alfano, adesso fa quello di Tremonti. Mi pare chiaro che sono uscite senza significato…». Il deputato pidiellino Giorgio Stracquadanio, uno che non passa per un fan di Tremonti, è tra i pochi a parlare senza pretesa di anonimato. «Per come la vedo io», dice, «Berlusconi con queste dichiarazioni non fa che confermare il proprio ruolo di leader per il 2013».   Ma leadership e premiership, la prossima volta, potrebbero scindersi. Se tutto procederà secondo le scadenze naturali, poche settimane dopo le elezioni politiche ci sarà il voto per eleggere il presidente della Repubblica. La domanda che gira, e non da oggi, è se Berlusconi abbia voglia di andare al Quirinale con gli attuali poteri riservati al presidente della repubblica, visto che a una riforma costituzionale non crede nessuno. Stracquadanio è uno di quelli che giura di sì: «I poteri reali del Capo dello Stato, se esercitati sino in fondo, sono molto ampi. Consiglio superiore della magistratura, Consiglio supremo di difesa, nomina dei ministri…». E allora sì che Berlusconi potrebbe davvero lasciare a qualcun'altro palazzo Chigi, del quale ormai non nasconde di essersi stancato. Ma solo per salire al Colle più alto, e magari dopo aver combattuto in prima linea l'ultima campagna elettorale della propria vita. Se andrà così, però, non è affatto detto che il premier del centrodestra sarà un Alfano o un Tremonti. «La verità», spiega uno dei fedelissimi, «è che come sempre Silvio tiene aperte tutte le strade. Il discorso della premiership ingolosisce uno come Pier Ferdinando Casini, e lo tenterà sempre di più man mano che il terzo polo affonda». La vecchia idea di Berlusconi, insomma, potrebbe tornare attuale: Casini a capo di un governo retto da una maggioranza di centrodestra, allargata all'Udc, e il Cavaliere al Quirinale. «Sicuri», chiosa l'anonimo di palazzo Grazioli, «che quando Berlusconi fa sapere che è pronto a lasciare il ruolo di premier si sta rivolgendo davvero ad Alfano o Tremonti, e non sta invece mandando un messaggio a Casini?». di Fausto Carioti

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