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Aboliamo i genitori/2: "Ok, ma stessa sorte per giudici e professori"

De' Manzoni risponde a Pansa: "Padri primi responsabili delle colpe dei figli, ma il determinismo è un'utopia"

Andrea Tempestini
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Il vicedirettore di Libero, Massimo de' Manzoni, raccoglie la provocazione di Giampaolo Pansa ("I genitori del Duemila generano bulli. Ho un'idea: aboliamo mamma e papà) e rilancia: "Aboliamoli pure, i genitori, ma stessa sorte per giudici e professori". Leggi l'intervento di Giampaolo Pansa. Ha molte ragioni Giampaolo Pansa nel suo atto d'accusa nei confronti dei genitori del Duemila. E io, come padre di due figli adolescenti, salgo spontaneamente sul banco degli imputati e anzi mi dichiaro fin d'ora colpevole, pur essendo riuscito ad evitare che in età prescolare si infilassero sotto i tavoli dei clienti del ristorante, pur non ritenendo che si possano classificare come atti di bullismo le marachelle da loro commesse durante gli anni delle medie e pur non avendo (non ancora, almeno) notizie di loro partecipazione a baby gang. Ma insomma il problema esiste, inutile girarci intorno: anche senza voler fare di ogni erba un fascio, i ragazzi d'oggi sono mediamente più maleducati e più violenti di quelli di trenta-quarant'anni fa. E, com'è ovvio, i genitori sono i primi responsabili della situazione. Gli unici? E con quale percentuale di responsabilità? Ecco, qui forse si può operare qualche distinguo rispetto a quanto ha scritto domenica Pansa su Libero. Io penso che non siano (che non siamo) affatto i soli da condannare. E che la loro (la nostra) possibilità di influire sull'educazione dei nostri ragazzi è sopravvalutata e comunque senza dubbio inferiore a quella che avevano mio padre e mio nonno. Cerco di spiegarmi. «Un vecchio detto contadino recita: “Cresce quello che si semina”», ricorda Pansa. Che aggiunge: «Non hai seminato nulla? Non crescerà nulla». Giusto. Ma talvolta non cresce nulla anche se hai seminato: siccità, alluvioni, malattie possono compromettere il raccolto. E in ogni caso stiamo parlando appunto di campagna, di un mondo rurale del secolo scorso lontano mille miglia dalla vita metropolitana di questo secolo, nella quale siccità e alluvioni che investono le menti dei nostri ragazzi, per continuare la metafora, sono praticamente quotidiane e moltiplicate dai mezzi di trasporto e tecnologici. In altre parole, il determinismo pedagogico, se mai c'è stato, ora è pura utopia. Non è vero che se tu fai A, i tuoi figli faranno B. Pur avendo ricevuto la stessa educazione e gli stessi esempi, pur vivendo nello stesso contesto familiare, uno farà M e l'altro Z. C'entrano i geni, il carattere, magari anche l'intelligenza. C'entrano, moltissimo, le esperienze: basta una classe scolastica sbagliata nel periodo dello sviluppo sbagliato a imprimere una svolta drastica a una giovane vita. E tu da quel momento puoi tamponare, ma non riportare indietro le lancette: certi danni sono irreparabili. Non tutti i genitori «hanno gettato la spugna». Non tutti «si limitano a finanziare i figli per non avere la rabbia in casa». Molti lottano ancora, eccome. Ma non per questo c'è la garanzia che questa rabbia non esploderà. Prendiamo uno degli esempi che fa Giampaolo Pansa: i quattro ragazzi che hanno massacrato i due carabinieri in Toscana. Il padre dell'unico maggiorenne del gruppo è un lavoratore, spurga i tombini sulle strade, ai giornalisti ha detto: «Non sono andato a trovare mio figlio in carcere, che cosa dovrei dirgli? Qui ci sono due ragazzi perbene, eroi, i  carabinieri, che lavorano sulla strada come me.. E qualcuno li ha colpiti come carne da macello. Prima di vedere Matteo voglio chiedere perdono ai militari e alle loro famiglie. Lui ora deve stare in carcere». Ora, uno che pronuncia parole del genere, qualche valore al figlio immagino l'abbia trasmesso, eppure è successo quel che è successo. Perché l'ha lasciato andare in giro fino al mattino?, chiede Pansa. Forse, banalmente, perché gli ha detto che si fermava a dormire da un amico, come tante volte abbiamo fatto anche noi a 19 anni. E magari il padre era pure contento, come qualche volta lo sono stato io, perché così il figlio non doveva tornare di notte, guidando su quella strada pericolosa con tutti gli ubriachi che ci sono in giro il sabato sera... Poi, invece, te lo ritrovi al rave party. Colpa tua? Sì, anche: ma davvero si può dire sempre no? E poi, vogliamo parlarne di questi raduni illegali ma sempre tollerati? Vogliamo parlare di quella festa di Pisa, la maratona in discoteca fino al mattino (in barba alle leggi sulla chiusura) dove i ragazzi si strafacevano di droga fino a morirne mentre l'esterno del locale era presidiato da decine di poliziotti, carabinieri e finanzieri? Tutto normale? A me non pare. «La parola “castigo” è diventata una bestemmia», scrive Pansa. Si riferisce alla famiglia. Ma sono questi gli esempi di castigo che i nostri figli vedono fuori di casa? Sono decine al giorno le illegalità impunite che passano davanti ai loro occhi, con le forze dell'ordine che magari chiudono un occhio sul “poveraccio” che vende senza licenza merce contraffatta o che imbratta di rifiuti i giardini delle nostre città. Castigo? Qual è: quello dei giudici che sentenziano come anche un quarantenne che evita accuratamente qualsiasi lavoro  abbia diritto (diritto!) di essere mantenuto dalla famiglia?  Di che castigo parliamo quando, se una bambina accenna a uno scapaccione in un tema, arrivano i servizi sociali e la portano in comunità? Ripeto, non voglio fare una difesa d'ufficio. So benissimo che ci sono genitori che, davanti a un brutto voto, aggrediscono il prof anziché il pargolo somaro. Ma non facciamo finta di non sapere che ci sono anche fior di insegnanti incapaci o menefreghisti. Che la femminilizzazione della scuola sta producendo guasti profondi nei nostri figli maschi, privati di una figura di riferimento extrafamiliare del loro stesso sesso. Che di quattro maestre delle elementari spesso non se ne tira fuori una. Che nelle stesse elementari al primo problema ti convocano e ti ingiungono di rivolgerti a uno psicologo. Mentre alle superiori il ragazzo difficile viene talvolta semplicemente “espulso”. Che, insomma, spesso neppure la scuola svolge più la funzione educativa. E non parliamo delle parrocchie: causa traslochi ne ho girate parecchie e non ne ho trovata una dove si facesse sugli adolescenti un lavoro paragonabile a quello che ricordo nella mia da ragazzo. Sarò stato sfortunato. L'ho già detto, siamo colpevoli. E prima di tutto lo siamo noi padri: se non altro perché dedichiamo a quello che resta il mestiere più difficile del mondo soltanto i ritagli di tempo. Ma non siamo i soli a dover entrare nella gabbia degli imputati. Se non lo si capisce, se non si ripensa tutto il mondo che ruota intorno ai nostri figli, aboliamo pure i genitori come suggerisce Pansa: da soli effettivamente rischiano di non servire più a niente. Basta che non vi illudiate che così le cose miglioreranno. di Massimo de' Manzoni

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