Processo Mediaset: chiesto conflitto attribuzione
Governo farà ricorso alla Corte costituzionale contro il Tribunale di Milano. Nel marzo 2010 niente legittimo impedimento a premier
Il governo solleverà conflitto d'attribuzione davanti alla Corte Costituzionale sul processo Mediaset. La presidenza del Consiglio chiederà l'annullamento della decisione con cui i giudici del Tribunale di Milano non ritennero legittimo impedimento, l'1 marzo 2010, l'assenza in udienza di Silvio Berlusconi, imputato per frode fiscale, nonostante quel giorno il premier fosse impegnato in un consiglio dei ministri. Il governo ha dato mandato all'Avvocatura generale dello Stato di presentare il conflitto, il cui testo è in via di definizione. LA VICENDA - Il consiglio dei ministri 'sotto accusa' fu fissato di lunedì (data inusuale) quando già era stata stabilita l'udienza Mediaset. I giudici della prima sezione del Tribunale di Milano, presieduti da Edoardo D'Avossa, rifiutarono di considerare quel Cdm come legittimo impedimento del premier in quanto non verificate le condizioni di "necessità" e "inderogabilità". Quel giorno, peraltro, il Consiglio dei ministri varò il ddl sull'anti-corruzione. La decisione dei giudici fu criticata dal premier e dal ministro della Giustizia Angelino Alfano, mentre i legali di Berlusconi Niccolò Ghedini e Piero Longo annunciarono un ricorso per conflitto d'attribuzione mai presentato. Ad aprile 2010, infatti, entrò in vigore la legge-ponte che permetteva al premier di congelare i suoi processi per i successivi 18 mesi. A gennaio 2011, però, la Consulta ha bocciato alcuni passaggi della legge sul legittimo impedimento, ed ecco che l'esecutivo ha riproposto il conflitto. Nel documento elaborato dall'Avvocatura, dovrebbe essere presente un riferimento alla lesione del principio di leale collaborazione tra poteri dello Stato. Tutto questo mentre, sempre mercoledì, il deputato Pdl Remigio Cerone ha presentato alla Camera una proposta di modifica dell'articolo 1 della Costituzione per 'privilegiare' il Parlamento rispetto a potere giudiziario e presidenza della Repubblica.