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Fini incontra l'Anm e difende le toghe. E' contumace in Tribunale

Il presidente della Camera ha dato buca alla prima udienza del processo sul caso Montecarlo / BECHIS

Rosa Sirico
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Troppo impegnato nel suo nuovo ruolo di sindacalista della magistratura, Gianfranco Fini si è scordato un processo: il suo. Così ieri il presidente della Camera, proprio mentre si scandalizzava a Montecitorio insieme al presidente della Anm, Luca Palamara, per lo scarso rispetto di cui la magistratura sembra godere nei palazzi della politica, ha dato sonora buca alla prima udienza del processo civile che gli ha intentato la Destra di Francesco Storace per la vendita sottocosto al cognato della casa di Montecarlo ricevuta in eredità da An. Non è stata una distrazione: la notifica è regolarmente arrivata a Fini nella abitazione romana in cui vive con la compagna Elisabetta Tulliani, le figlie nate da questa seconda unione e gli suoceri. Ieri mattina presso gli uffici dell'ordine degli avvocati di Roma dentro il palazzo della Corte di Cassazione (noto nella capitale come il “palazzaccio”), Fini o i suoi avvocati erano attesi per il tentativo obbligatorio di media conciliazione, diventato il primo passo del processo civile proprio alla fine del marzo scorso. I legali della Destra si sono regolarmente presentati all'appuntamento. E hanno atteso inutilmente Fini o i suoi avvocati, che non solo hanno dato buca, ma non hanno nemmeno avvertito della loro intenzione. La nuova legge è in vigore, e il procedimento civile deve per forza passare attraverso il tentativo preliminare di conciliazione fra le parti. Ci si può rifiutare di farlo, ma è necessaria la certificazione. E secondo le istruzioni diramate dal ministero della Giustizia in una circolare ai primi di aprile, anche di fronte a un “no” dei legali di Fini il mediatore sarebbe comunque tenuto a formulare una proposta di conciliazione, e solo se questa venisse rifiutata potrebbe avere inizio il processo civile, in cui però si terrebbe conto dell'atteggiamento mostrato dalle parti nella fase della mediazione. Il legale di Fini per altro è un parlamentare, Giuseppe Consolo, che ben conosce la nuova legge avendo partecipato al suo iter. Contattato ieri da Libero Consolo ha spiegato di non essersi presentato all'udienza perché la media conciliazione è stata impugnata dal Tar del Lazio davanti alla Corte Costituzionale «e quindi in attesa di quella decisione tutti i legali si astengono dalle udienze». La tesi di Consolo però non è confermata dai fatti: altri suoi colleghi si sono invece presentati alle prime udienze di conciliazione obbligatorie, e la stessa avvocatura, pur contestando nel merito la nuova normativa, non ha indetto alcuno sciopero bianco nei confronti della stessa. Ed è di tutta evidenza che fino a quando la Corte Costituzionale non si esprimerà sull'impugnazione del Tar del Lazio (che può accogliere o respingere in parte o del tutto), la legge è a tutti gli effetti in vigore e nessun processo civile può svolgersi senza media conciliazione obbligatoria. Fosse vera la tesi finiana, nessuna legge in Italia potrebbe mai essere considerata in vigore, visto che molti tribunali (e anche altri organi dello Stato) le impugnano davanti alla Corte Costituzionale con ricorsi che spesso vengono considerati inammissibili senza bisogno di decidere sul merito. A chiunque - come ha fatto ieri Fini perfino nel momento stesso in cui voleva dare lezioni sul rispetto di giudici e giustizia - sarebbe allora concesso di non rispettare e addirittura violare la legge vigente di fronte a un qualsiasi ricorso pendente. Con pazienza il mediatore ieri ha concesso una seconda chance a Fini prima di avviare una procedura che lo vedrebbe partire in svantaggio nel successivo processo civile. E lo ha riconvocato per il tentativo di conciliazione obbligatoria nello stesso luogo il prossimo 11 maggio. Nella speranza che allora oltre a predicare con toni alti, il presidente della Camera riesca a razzolare coerentemente mostrando un minimo di rispetto per il sistema giudiziario esistente. di Franco Bechis

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