Italia -Tunisia, piano con l'ottimismo L'accordo c'è ma solo sulla sabbia
Nuove grane coi rimpatri: Tunisi non vuole riprendersi i suoi. Così si ridimensiona il patto ufficioso / BINCHER
L'accordo di fatto non c'è. Ufficialmente sia Tunisia che Italia dicono di avere firmato qualcosa martedì pomeriggio al termine dell'incontro con il ministro dell'Interno, Roberto Maroni. Solo che per il governo italiano è proprio un accordo per il rimpatrio dei clandestini tunisini sbarcati a Lampedusa. Per il governo tunisino quella carta vale assai meno: è un protocollo “tecnico” sulla sicurezza di entrambi i paesi in materia di immigrazione con “riferimento alle dimensioni sociali economiche e di ordine pubblico” che comporta. Insomma, in nessun rigo la Tunisia dichiara di essere disposta a riprendersi le migliaia di connazionali emigrati clandestinamente in Italia. Anzi, per bocca del governo ieri l'agenzia Tap (Tunis Afrique press) ha diramato uno strano comunicato dal titolo “La Tunisia insiste sul dovere di rispettare la sua sovranità nazionale”, che si riferiva proprio agli incontri con il governo italiano. Il comunicato spiegava che quello firmato da Maroni e dal ministro dell'Interno tunisino, Habib Essid, era la semplice «bozza» di un «accordo tecnico» che avrebbe al centro le misure per favorire «lo sviluppo economico» di quelle aree interne e costiere tunisine da cui partono per l'Italia migliaia di giovani. Il comunicato proseguiva spiegando che durante l'incontro con Maroni «la Tunisia ha insistito sul principio di rispetto della sua sovranità nazionale» e che l'Italia ha semplicemente «invitato le autorità tunisine a concordare il rimpatrio dei connazionali emigrati irregolarmente». Ma il governo tunisino «ha insistito sulla impossibilità di raggiungere un accordo sul rimpatrio di massa sulla base delle condizioni poste dall'Italia, specie nella attuale situazione del paese, riaffermando invece la necessità di rispettare i diritti umani e la dignità di questi immigrati». Se questo è il commento a chiosa di un grande accordo, siamo evidentemente all'ora zero. Perché tradotto in parole povere la Tunisia spiega che non si prenderà i suoi immigrati certamente a breve, e che pretende che l'Italia in ogni caso li tratti diversamente da come si è visto a Lampedusa. È evidente da questa guerriglia sottile di comunicati come il grande accordo divulgato in Italia non sia mai stato firmato. Per capire qualcosa di più bastava ieri avvicinare premier tunisino, ministri e loro staff a Monastir, dove si celebrava l'undicesimo anniversario della scomparsa del leader tunisino Habib Bourghiba. Fuori dai comunicati ufficiali la storia è più o meno questa: rapporto di amicizia con il premier italiano Silvio Berlusconi confermato. Con lui l'incontro lunedì è andato «benissimo», anche se il premier tunisino ha sottolineato come l'Italia una settimana prima attraverso il ministro degli Esteri Franco Frattini avesse promesso l'invio di corvette per il pattugliamento dei mari e di rinforzi logistici e non fosse invece arrivato nulla. Un «disastro», invece il faccia a faccia del ministro dell'Interno con Maroni. Che il numero due della Lega laggiù non venga accolto con grandi fanfare è comprensibile. Ma se dopo l'incontro un ministro tunisino si è lasciato scappare «chi? Il ministro nazista?» riferendosi proprio a Maroni, martedì le cose non devono essere andate affatto bene. Da quel che si è riuscito a ricostruire da autorevoli fonti tunisine, la richiesta continua di inserimento di clausole da parte del ministro italiano ha impedito la firma di un vero e proprio accordo. Rifiutata (è questo il motivo di quello strano comunicato di ieri) l'inserimento di una clausola sulla consegna delle corvette per pattugliare le coste tunisine solo se a bordo salgono reparti della guardia di Finanza italiana, così come avveniva nell'accordo con la Libia. Di fronte alle proteste di Maroni la sua controparte è sbottata: «Ma insomma, noi stiamo occupandoci di 120 mila profughi in questo momento, e voi fate tutte quelle storie per 8 mila tunisini sbarcati a Lampedusa?». Sono versioni di parte, certo. Però svelano una verità difficile da digerire: la Tunisia non si riprenderà quegli immigrati. Forse un giorno, e solo dopo che l'Italia avrà pagato un bel prezzo. Intanto, se si vuole evitare altri sbarchi, bisogna comunque accomodarci alla cassa e pagare il biglietto senza protestare. di Fosca Bincher