Travaglio, Saviano & Co: tra gli anti-Cav è "tutti contro tutti"
I nemici di Silvio protagonisti della faida tra (ex) amici. Troppi galli nel pollaio giustizialista / BORGONOVO
Ci sono troppe manette nel pollaio ed è fatale che, scontrandosi, emettano scintille. È accaduto ieri a Roberto Saviano e Marco Travaglio. Il primo ha dipinto l'ex direttore del Sole 24 Ore Gianni Riotta come un eroe della «battaglia anti-mafia», allontanato dal giornale per via di oscure trame della «macchina del fango». Al commissario Travaglioni sono usciti gli schiavettoni dalle orbite, tanto da scrivere nel suo editoriale sul Fatto: «Essendo impossibile che Saviano abbia anche solo pensato queste cose, attendiamo trepidanti una smentita». Considerando i precedenti - ogni volta che qualcuno lo critica l'autore di Gomorra s'imbufalisce e straparla di fango e complotti - ci aspettiamo uno scontro fra titani giustizialisti. Del resto, Saviano e Travaglio appartengono a schieramenti opposti. Il primo è il capoccia del filone neo-azionista che ha come ideologo il direttore di Repubblica Ezio Mauro e per venerati maestri i tromboni di Libertà e Giustizia. Marco, invece, appartiene alla corrente di Michele Santoro: leggermente meno moralista ma più feroce dell'altra, ha come ferri di lancia Annozero e il Fatto. Quello dei nemici di Berlusconi è un moloch politico strabordante ma frammentato in mille rivoli diversi, tenuti insieme dall'odio per il Cavaliere ma divisi fra loro da antipatie acide. Sono un po' come la Democrazia cristiana: potremmo ribattezzarli “la Balena viola”, dal colore che hanno scelto come distintivo. Dove ere geologiche fa c'erano fanfaniani, demitiani eccetera, oggi ci sono grillini e fan di Luigi De Magistris. L'ex magistrato - già troppo ingombrante per l'Italia dei valori e non graditissimo a Di Pietro - ha litigato pure con Beppe Grillo. Pochi giorni fa si sono scannati: «Di errori ne ho commessi molti e purtroppo ne commetterò altri, uno dei più imbarazzanti è stato Luigi de Magistris, eurodeputato grazie (anche) ai voti del blog», ha detto il comico genovese. Replica dell'ex amico: «L'attività di Grillo è in qualche modo guidata da ben noti gruppi imprenditoriali e della comunicazione che lavorano con lui. Vuole mantenere il suo marchio, ma non gli importa nulla che la politica funzioni». Poi, il colpo di grazia: «Grillo parla come il Giornale». Il bello è che questi gentiluomini sono sempre pronti a gridare alla persecuzione da parte di fantomatiche “strutture” al servizio di Berlusconi, poi appena possono si azzannano alla gola. La ragione è una sola: devono spartirsi l'esigua fetta di mercato (elettori e pubblico) ostile al centrodestra e sono costretti a competere a suon di purezza. Metteteci che ciascuno vuole essere il leader incontrastato, la stella più brillante, ed ecco che capitano i guai. Giuseppe D'Avanzo di Repubblica infilzò Travaglio rinfacciandogli vacanze con personaggi in odore di mafia. Travaglio ha schiaffeggiato più volte Saviano (rimproverandogli la morbidezza sul Cav). Repubblica guarda con sospetto Grillo. Il comico, a sua volta, spara cannonate su Di Pietro e De Magistris. MicroMega e il Fatto, in passato, hanno scorticato Di Pietro tramite le invettive di Paolo Flores D'Arcais. Il quale D'Arcais, dai medesimi pulpiti, ha redarguito Santoro, reo di fare tivù spazzatura e non offrire sufficiente spazio a Travaglio. Sullo stesso argomento, Marco bisticciò con il suo mentore di Annozero, indirizzandogli una letterina che ottenne una risposta fiammeggiante (del tipo: se non ti va bene il programma, vattene pure). È un serpente, pardon, un Biscione, che si morde la coda. Solo Silvio può compattare l'armata dei polizotti della morale: peccato non possano clonarlo, così ne avrebbero uno a testa da assaltare. Se non ci fosse il presidente del Consiglio, Travaglio disintegrerebbe tutti gli avversari interni, gli amici e i contigui. Poi, rimasto senza gente da incarcerare, non gli resterebbe altro che compiere l'estremo gesto: mettersi in galera da solo. di Francesco Borgonovo