Napolitano alla Camera. E la Lega non applaude
150° Unità, Capo Stato al Carroccio: "C'è solo un'Italia". Federalismo: "Non deve dividere". Senatùr e Calderoli restano impassibili
Poco dopo le 16, dopo molteplici tappe per la celebrazione del 150° anniversario dell'Unità d'Italia, Giorgio Napolitano è giunto a Montecitorio, accolto dai presidenti di Camera e Senato, Gianfranco Fini e Renato Schifani, per la seduta congiunta dei due rami del Parlamento. Il Capo dello Stato è stato accolto con un lungo applauso dell'Aula. Durante il discorso, però, gli esponenti della Lega nord (a cui Napolitano ha riservato qualche stoccata) sono stati gli unici a non battere le mani. Il gesto ha seguito la provocazione di Borghezio, che in mattinata aveva profetizzato: "L'Italia finirà come il Belgio. Divisa". "ORGOGLIO E FIDUCIA" - Nel suo discorso, Napolitano ha esordito sottolineando "l'orgoglio e la fiducia" per la "straordinaria impresa storica che è stata l'unificazione italiana". Quindi ha riservato "un riconoscente saluto ai tanti che hanno raccolto l'appello a festeggiare". Una piccola stoccata alla Lega Nord - che come è noto, è restia ai festeggiamenti - arrivata proprio nelle prime battute del discorso del Presidente della Repubblica. "Si torni ad onorare la memoria dei giovani e giovanissimi protagonisti, talvolta, delle imperse più audaci e disperate del Risorgimento", ha sottolineato Napolitano, indicando come "le vicende risorgimentali sono da molteplici punti di vista fonte di orgoglio vivo e attuale". "SENSO DI UNITA'" - Quindi il Capo dello Stato ha fatto nuovamente leva sul senso di unità che deve percorrere la nazione: "Per Mazzini era indubitabile che una nazione italiana esistesse, e che non vi fossero cinque, quattro, tre Italie, ma una soltanto". Mentre i colleghi applaudivano alle parole di Napolitano, che ai più sembravano un richiamo al Carroccio, i ministri della Lega Nord, Bossi e Calderoli, come il sottosegretario Sonia Viale, rimanevano immobili. FEDERALISMO - L'inquilino del Quirinale ha poi dedicato una battuta al federalismo. "Oggi vediamo l'attenzione pubblica rivolta a verificare le condizioni alle quali un'evoluzione in senso federalistico - e non solo nel campo finanziario - potrà garantire maggiore autonomia e responsabilità alle istituzioni regionali e locali rinnovando e rafforzando le basi dell'unità nazionale. E' tale rafforzamento, e non il suo contrario, l'autentico fine da perseguire", ha sottolineato tra gli applausi dell'Aula, aggiungendo che "la parola unità si sposa con pluralità, diversità, solidarietà e sussidiarietà". COSTITUZIONE - Sulla Costituzione, Napolitano ha indicato come "rappresenta tuttora la valida base del nostro vivere comune, offrendo - insieme con un ordinamento riformabile attraverso sforzi condivisi - un corpo di principi e di valori in cui tutti possono riconoscersi perché essi rendono tangibile e feconda l'idea di patria e segnano il grande quadro regolatore delle libere battaglie e competizioni politiche, sociali e civili". MA BOSSI: "DISCORSO MI E' PIACIUTO" - Mentre lasciava la Camera, Napolitano ha risposto a una domanda sulla scarsa presenza dei leghisti alla cerimonia svolta a Montecitorio. "Non ho fatto il conto, chieda a loro", ha chiosato il Presidente della Repubblica. Ma nonostante lo scarso trasporto, Umberto Bossi ha poi sottolineato: "Il discorso di Napolitano mi è piaciuto, è stato un ottimo discorso. Napolitano è una garanzia". Il leader del Carroccio, in precedenza, durante l'esecuzione dell'inno nazionale nell'emiciclo di Montecitorio, era stato l'unico a rimanere seduto. Dopo qualche secondi, però, anche Bossi si è "allineato" agli altri colleghi dell'esecutivo. FINI: "UN DOVERE FESTEGGIARE" - In precedenza aveva parlato anche il presidente della Camera, Gianfranco Fini, che aveva sottolineato come "vivere il 17 marzo come festa nazionale è un preciso dovere di ogni italiano, dalla vetta d'Italia a Lampedusa". Il leader di Futuro e Libertà ha poi indicato come "la nostra bandiera rappresenta un simbolo di speranza e di riscatto civile in molte parti del mondo". Le parole di Fini sono state applaudite anche dal premier Silvio Berlusconi. Gianfranco ha poi sottolinaato come si debba "celebrare solennemente il 150° dell'Unità" e come "il 17 marzo si festa nazionale". Per Fini festeggiare "è oggi un preciso dovere civile per tutti gli italiani, dalla vetta d'Italia a Lampedusa. Dovere civile perchè la nostra democrazia ha radici profonde, perchè la nostra coesione nazionale si nutre ancora dei valori che guidarono l'azione dei patrioti risorgimentali".