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Libia, i ribelli danno 72 ore a Gheddafi

L'opposizione: "Se Rais si dimette niente processo internazionale". Tripoli smentisce trattative. Nato/Usa: intervento militare, Roma e Mosca frenano

Andrea Tempestini
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Da una parte, gli insorti confermano l'apertura e l'immediata chiusura di contatti con il regime. Dall'altra parte, Tripoli smentisce e parla di notizie "spazzatura" raccontate dai media di tutto il mondo. Quello che sta accadendo in queste ore in Libia è avvolto nel mistero, poche sono le dichiarazioni ufficiali. Una di queste è quella del portavoce della cosiddetta Coalizione del 17 febbraio, che raggruppa le forze di opposizione nella Libia orientale liberata: l'uomo, Mustafa Gheriani, ha svelato che effettivamente un piccolo avvicinamento c'è stato, ma ogni proposta è stata rigettata: "Sa dov'è l'aeroporto, e tutto ciò che ha bisogno di fare è andarsene e fermare la carneficina", ha detto Gheriani. I ribelli, dunque, insistono: prima di ogni trattativa, Gheddafi deve farsi da parte. Confermano poi, come già emerso da alcune dichiarazioni giunte in mattinata, che se il raìs dovesse lasciare il Paese entro 72 ore le opposizioni non chiederebbero un processo internazionale contro di lui. E questa è già una notizia importante, viste le voci sulle stragi e carneficine commesse nelle ultime settimane in Libia. Inoltre, il leader dell'opposizione ha aggiunto che i ribelli hanno "contatti indiretti con l'amministrazione americana", confermando così le voci circa la possibilità trapelati ieri che gli Stati Uniti possano fornire armi alle forze che si oppongono a Gheddafi. LA SMENTITA - Gheddafi, però, non pare intenzionato a mollare. La tv di Stato di Tripoli ha negato qualsiasi tentativo di mediazione con i ribelli di Bengasi: sarebbero "prive di fondamento le notizie diffuse dalle spie che collaborano con i servizi segreti stranieri e che stanno a Bengasi secondo le quali il capo della rivoluzione avrebbe preso contatti con loro". Sta di fatto che il Colonnello è ancora con l'acqua alla gola. Umberto Bossi ha commentato con un misto di realismo e ironia: "Gheddafi è un gatto che sta affogando e si arrampica. La storia insegna che chi spara sulla sua gente finisce male. Ricordate Umberto I, fu ucciso". E sulla presunta richiesta di aiuto al rais per creare lo Stato di Padania, il Senatùr taglia corto: "Ma vi pare... - ha detto Bossi ai giornalisti fuori da Montecitorio -. Abbiamo tantissimi uomini e le armi si fanno in Lombardia". LA REPRESSIONE - Martedì mattina sono riprese le rappresaglie del regime: ancora un raid aereo contro lo strategico centro petrolifero di Ras Lanuf, in Cirenaica, è stato effettuato dall'aviazione lealista fedele a Gheddafi. Le bombe sono state sganciate contro una postazione dei ribelli nel deserto, a circa 8 chilometri dalla città. Lo hanno riferito fonti giornalistiche presenti sulla scena, secondo le quali dal posto colpito si è levata un'enorme colonna di fumo. Il posto di blocco, aggiungono, appariva presidiato da un numero di miliziani inferiore rispetto a quello dei giorni precedenti. Un testimone ha riferito che le forze lealiste hanno ripreso al Zawiya, la città più vicina a Tripoli caduta in mano ai ribelli. Secondo la testimonianza i carri armati e i mezzi da combattimento di Gheddafi stanno girando per la città sparando in maniera casuale sulle abitazioni. NATO E USA, PRONTI AD AZIONE - La Nato, si è appreso lunedì (leggi la cronaca di giornata), è pronta all'intervento militare in Libia. Nel dettaglio, il primo passo sarebbe la creazione di una no-fly zone (ovvero, i cieli diventano non percorribili: in caso contrario i mezzi che sfidano il divieto internazionale vengono abbattuti). L'obiettivo è fermare la strage di civili che Muammar Gheddafi prosegue da tre settimane. Sulla possibilità di un intervento militare sono convenuti il segretario della Nato, Fogh Rasmussen, e il presidente degli Stati Uniti, Barack Obama. Gli aerei radar americani Awacs già pattugliano il Mediterraneo. OPERAZIONE - Mentre la Russia si è detta contraria all'operazione, l'Italia, da par suo, ha fatto sapere di essere disponibile ad offrire le basi alla Nato, mentre ha già avviato i contatti con i ribelli. Il ministro degli Interni, Roberto Maroni, ha comunque sottolineato che, a suo parere, "l'intervento militare sarebbe un errore molto grave". Nella mattinata di martedì è diventato esecutivo il congelatmento dei beni del regime. La Ue ha esteso il blocco dei beni anche ai fondi sovrani, quali il Libyan Investment Authority (Lia), che detengono significative partecipazioni nelle economie più avanzate.

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