Yara, autopsia minuto per minuto: l'arma, le ferite e la maglietta
Delitto ricostruito sulle prime indiscrezioni dell'esame del corpo. Il giallo degli slip recisi e delle coltellate
A una settimana dal ritrovamento di Yara tanto, forse persino troppo, è stato scritto - meglio ipotizzato - sulla dinamica del delitto. Dove e come è avvenuto, per mano di chi, in quanto tempo e perchè il corpo è stato ritrovato solo a tre mesi di distanza dal giorno della scomparsa della giovanissima ginnasta di Brembate Sopra. Tanti gli interrogativi che ancora attendono risposta, che potrà arrivare - forse già la prossima settimana - dall'esito dell'esame autoptico eseguito sul cadavere lunedì pomeriggio all'Istituto di Medicina legale di Milano. Intanto, i dati emersi dalle prime analisi condotte dall'anatomopatologa Cristina Cattaneo, su quel che resta della vittima, cominciano a parlare. E da questi ci si può già cominciare a fare un'idea sugli ultimi minuti di Yara. E su ciò che è successo quella maledetta sera del 26 novembre. Dal modo in cui i colpi sono stati sferrati - si tratterebbe di 6 colpi inferti da un cacciavite o un punteruolo e non un coltello come ipotizzato inizialmente - gli inquirenti sarebbero convinti che l'omicidio sia stato compiuto da una sola persona. Verosimilmente un uomo. Che ha agito d'impulso e, una volta sfuggitagli di mano la situazione, ha dovuto reagire. Sicuramente una persona che Yara conosceva, e bene, tanto da fidarsi a salire in auto con lui. Una volta condotta la vittima in un luogo isolato, l'assassino fa scendere Yara dall'auto. La bracca da dietro, con un braccio attorno alla vita. Per tenerla ferma e agire così indisturbato. Comincia a toccarla, ovunque. Le alza il giubotto, la felpa, poi persino la maglietta azzurra. È un attimo, lunghissimo, e lei sente le sue mani fredde e sconosciute addosso. Solo qui, forse, Yara realizza per davvero di trovarsi in una situazione a dir poco pericolosa. Sola, di sera, in un posto isolato e in compagnia di un malintenzionato. Che lei aveva, con l'ingenuità di una 13enne, scambiato per un amico. Reagisce, probabilmente minacciandolo di dire tutto a mamma e papà, ma lui, non la ascolta, nè si impietotisce. È troppo impegnato sulla sua preda e, per zittirla, le fa sentire, sulla pelle, la fredda fredda che tiene stretta in pugno. Yara non ci sta, tenta di divincolarsi in ogni modo, ed ecco che arrivano i primi quattro colpi. Non particolarmente profondi, ma che alla poverina fan gelare il sangue. I fendenti, come risulta evidente dall'autopsia, la raggiungono nella zona lombare (due paralleli, due s'intersecano a mo' di “x”). Uno di questi colpi le strappa gli slip, l'unico indumento di quelli che lei indossa che viene tagliato. La piccola si sente messa all'angolo, in trappola. A quel punto intuisce che l'unico vantaggio che ha nei confronti del suo aguzzino è l'età e il fisico atletico. Con uno scatto riesce a scappare da lui. Ma la sua fuga dura solo pochi attimi. L'assassino la raggiunge subito e, per bloccarla definitivamente, le sferra un quinto colpo. Probabilmente quello mortale. Tra la nuca e le spalle. La piccola ginnasta cade a terra, stremata. E l'assassino, probabilmente, si mette sopra di lei a cavalcioni. La ragazzina tenta di difendersi fino alla fine. Persino con le mani che si mette davanti al volto per proteggersi e con cui tenta di attaccarsi in tutti i modi alla vita. Al terreno. Ma l'uomo non s'intenerisce ed ecco arrivare la sesta ferita. Questa volta al polso sinistro. Accecato dall'odio e spaventato dal fatto che le cose non sono certo andate come previsto, l'assassino intuisce che è troppo rischioso lasciar libera la giovane. Occorre sbarazzarsi di lei e da lì, forse, le sue mani cominciano a stringerle il collo. Fino a strangolarla. Ora, a una settimana di distanza, a parlare oltre che i pochi resti del suo corpo saranno soprattutto i suoi vestiti. Intatti (tranne gli slip tagliati come detto) nonostante le ferite, e che probabilmente potrebbero dare un volto all'assassino. Che li ha toccati, così come ha toccato lei. E poi c'è il terriccio a cui Yara ha tentato d'attaccarsi. Quasi volesse in ogni modo restare attaccata alla vita. Quel terriccio che potrebbe essere utilissimo per risolverse il giallo di Brembate. di Benedetta Vitetta