Libia, più di 10mila morti. Una figlia del rais in fuga
A Tripoli fosse comuni. Fonti Aja: "50mila feriti". Misurata nelle mani dell'opposizione. Giustiziati milita. Ue: "Pronti a sanzioni"
Impossibile fare bilanci ufficiali. La guerra civile libica è un racconto fatto di lanci di angenzia, di racconti dai testimoni, di scritte su Twitter, di reazioni, di indiscrezioni. Pochissime immagini, pochissime foto, pochissime certezze, niente (o quasi) numeri affidabili. Di certo c'è solo un discorso, che in molti definiscono "delirante", pronunciato da Muammar Gheddafi davanti alle telecamere della tv di Stato. Mentre prosegue la violenza nelle strade, numerose diplomazie mondiali hanno fatto scattare i rimpatri dei propri concittadini. E dagli aeroporti di tutto il Paese nordafricano decollano continuamente aerei carichi di stranieri in fuga dalla Libia sconvolta da una protesta repressa nel modo peggiore, con bombe lanciate sulla folla e mitragliate contro tutti gli oppositori. Numerose organizzazioni internazionali, ma anche il segretario generale dell'Onu Ban-Ki moon, chiedono urgentemente "una transizione rapida e pacifica: l'attuale situazione è imprevedibile e potrebbe avere sbocchi diversi, molti dei quali pericolosi". SBOCCHI PERICOLOSI - Gli sbocchi pericolosi sono già in corso, visto che più fonti - compreso il ministro degli Esteri italiano Franco Frattini - parlano di "almeno mille morti" nella rivolta (ma il componente libico della Corte Penale Internazionale Sayed al Shanuka, ad Al Arabiya, ha ammesso la possibilità che ci possano essere "10mila vittime" e "50mila feriti"). Un video del quotidiano inglese Telegraph, inoltre, ha mostrato le operazioni di scavo di fosse comuni. Secondo alcuni testimoni, inoltre, dei cecchini stanno sparando contro chiunque si trovino davanti: "I mercenari armati sono dappertutto. Non si può aprire una finestra né la porta. I cecchini sparano alla gente. Siamo sotto assedio", scrivono su internet. Il viceministro degli Esteri di Tripoli, inoltre, considera "fuorilegge" tutti i giornalisti entrati nel Paese "illegalmente", in quanto "complici di Al Qaeda". Pilota e co-pilota di un jet diretto a Bengasi si sono ammutinati: il velivolo è precipitato. I piloti di un altro aereo si sono rifiutati di bombardare i pozzi di petrolio, come era stato loro ordinato. Infine, un aereo è stato respinto dal Governo della Valletta, capitale di Malta: secondo Al Jazeera, tra le 14 persone a bordo ci sarebbe anche una delle figlie di Gheddafi, Aisha, che ora sarebbe diretta a Cipro. A Bengasi circa 130 militari sono stati giustiziati per essersi rifiutati di sparare sulla folla. FOSSE COMUNI - Uno dei particolari più raccapriccianti delle rivoluzione in Libia sono le decine e decine di fosse comuni scavate in perfetta linea, alcune delle quali già sigillate con il cemento. A mostrare la drammatica verità delle fosse comuni è stato un video amatoriale girato martedì a Tripoli e successivamente diffuso da Onedayonearth. La clip mostra le fosse su una spiaggia del lungomare della capitale libica, sulla quale lavorano molti uomini intenti ad allestire il gigante cimitero. MISURATA E ZWARA NELLE MANI DEGLI OPPOSITORI - Le piazze, ora dopo ora, si riempiono di bandiere dell'era pre-Gheddafi. I manifestanti posizionano blocchi di cemento per difendersi e pubblicano video su Facebook per dimostrare cosa devono fare per poter manifestare senza essere colpiti dai colpi di fucile di mercenari e soldati dell'esercito guidato personalmente da Gheddafi. Dopo Bengasi, intanto, anche Misurata e Zwara sono in mano all'opposizione: "La solidarietà tra la gente qui è stupenda, perfino i disabili stanno aiutando", racconta un medico di Misurata, importante città del nord. Tutto questo cozza con la dichiarazione di un vice-ministro degli Esteri libico, secondo cui "Al Qaeda ha istituito un emirato islamico a Derna, guidato da un ex prigioniero di Camp X Ray, nella baia di Guantanamo". ALLARME GAS E PETROLIO - L'allarme, ora, riguarda il gas e petrolio. La Libia è una potenza economica in quanto rifornisce numerosi Stati (Italia in primis) di gas ed è una delle principali Nazioni produttrici di petrolio al mondo. E così assumono notevole importanza le notizie sulla sospensione delle attività petrolifere da parte della compagnia francese Total: "La priorità è il rimpatrio dei familiari dei dipendenti", scrivono i portavoce del gruppo. Il Presidente dell'Authority per l'Energia Guido Bortoni ha assicurato che "non ci sarà alcun impatto immediato sulle bollette di luce e di gas, come 'effetto Libia'. Per il prossimo aggiornamento dei prezzi previsto per fine marzo, il meccanismo utilizzato dall'Autorità esclude eventuali aumenti dei prezzi del gas legati agli eventi di questi giorni". Il prezzo del petrolio, intanto, tocca quota 100 dollari, record dal 2008. FLUSSI MIGRATORI - Ma l'allarme, sorpattutto per gli Stati europei che si affacciano sul Mediterraneo, riguarda anche i flussi migratori che potrebbero partire dalla Libia nei prossimi giorni. Il movimento internazionale della Croce rossa e della Mezzaluna rossa ha avvertito che potrebbe esserci un "catastrofico" esodo verso Tunisi, ma è impossibile escludere un'ondata di immigrazione verso Italia, Francia e Spagna. Il presidente della Commissione Europea José Manuel Barroso vuole chiedere "solidarietà" agli Stati Ue circa i probabili imminenti flussi migratori. Alcune nazioni, tra cui l'Italia, porteranno alla riunione prevista per giovedì a Bruxelles la proposta di creare un fondo di solidarietà proprio per gli Stati che, prevedibilmente, accoglieranno gli immigrati in fuga dalla Libia. RIMPATRI E FUGHE - I cittadini europei intrappolati in Libia sono 10mila. Nonostante la mobilitazione dell'Unione Europea per favorirne l'evacuazione, la sitauzione sembra precipitare. A Tripoli si trova l'unico aeroporto aperto, che però non garantisce la partenza di tutti i voli. Ora dovrà essere la Commissione europea a doversi far carico del coordinamento dell'evacuazione che si trovano ancora nel Paese. I libici, invece, scappano a piedi attraversando le frontiere con Egitto e Tunisia. Solo la scorsa notte, sarebbero fuggite 25mila persone. SANZIONI UE - La rivolta nelle strade di Tripoli sta accendendo gli animi dei libici in giro per il mondo. A Roma, nel primo pomeriggio di mercoledì, circa 300 cittadini africani hanno manifestato davanti all'ambasciata libica, e ci sono stati anche dei tafferugli di non particolare gravità. Gruppi di libici hanno sostato, in maniera civile, anche davanti all'ambasciata di Berlino. Le stesse scene si ripeteranno giovedì a Palermo, davanti al Consolato. A Bruxelles gli ambasciatori dei 27 Paesi membri dell'Unione Europea si sono con l'Alto rappresentante per la politica estera Ue, Catherine Ashton, per discutere di eventuali misure da prendere per la crisi in Libia: con Tripoli la Ue ha sospeso i negoziati, e alla fine della riunione è emersa la volontà di "prendere ulteriori misure", anche se sembrano ormai scontate le sanzioni, per le quali spingono alcuni degli stati membri più influenti, come Francia e Germania.