Mirafiori, via al referendum. Silvio con Marchionne
Fiat, si vota. Berlusconi: "Senza intesa, impresa via dall'Italia". Camusso: "Meglio che se ne vada". Bersani: "Vergogna"
Alle 22 di questa sera si apriranno i seggi per i 5.431 dipendenti di Mirafiori: in ballo il referendum che deciderà il volto futuro della Fiat. Col sì, nuove condizioni di lavoro (turni più lunghi, straordinari e sabati lavorativi con retribuzioni extra) e nuovi investimenti da parte dell'azienda. Con il no, sostenuto solo dalla Fiom, il numero uno del Lingotto Sergio Marchionne ha già annunciatà che non ci sarà motivo di continuare ad investire in Italia. Domani sera il verdetto, ma intanto il premier Silvio Berlusconi ieri ha rotto il silenzio sulla vicenda schierandosi con Marchionne. Senza indugi. Dalla conferenza congiunta con Angela Merkel a Berlino spiega che se vincesse il "no" al referendum di Mirafiori, "è giusto che Fiat abbandoni l'Italia". SILVIO STA CON SERGIO - Dalla Germania il Cavaliere ha parlato dello scottante tema Fiat, e dello scontro in atto a Mirafiori tra Fiat e i sindacati radicali (Cgil e Fiom) contrari all'accordo e al nuovo contratto di lavoro. Berlusconi ha sottolineato come senza un'intesa tra il Lingotto e le rappresentanze, gli imprenditori e le imprese "avrebbero le motivazioni per lasciare l'Italia. Noi", continua Silvio, "riteniamo assolutamente positivo lo sviluppo della vicenda con la possibilità di un accordo tra azienda e forze sindacali nella direzione di una maggiore flessibilità dei rapporti e del lavoro". Il Cavaliere ha concluso: "Ci auguriamo che la vicenda possa avere esito positivo". MARCHIONNE: "IL MONDO E' CAMBIATO" - Successivamente ha parlato anche l'ad di Fiat, Sergio Marchionne. "Il mondo è cambiato dopo la recente crisi economico-finanziaria e chi non sarà in grado di adeguarsi alle esigenze della nuova era è destinato a soccombere", ha sottolineato il manager italocanadese nel suo intervento alla Deutsche Bank Global Automotive Conference. "La più forte eredità della crisi", ha osservato, "è di aver costretto ogni parte del sistema, industriale, economico e in parte perfino politico, su un sentiero di riforma e rinnovamento. Nessuna parte del sistema può permettersi pratiche improntate allo spreco perchè la nuova era richiede selettività, rigore e austerità". LA RABBIA DELLA CAMUSSO - Immediato è scattato l'attacco della Cgil a Berlusconi. La stoccata è arrivata dalla segretaria del sindacato, Suasanna Camusso: "Non conosco nessun presidente del Consiglio che si augura che se ne vada il più grande gruppo industriale dal Paese. Se questa è la sua idea del Paese, è meglio che il premier se ne vada". Il giorno successivo al violento attacco contro l'ad del Lingotto, Sergio Marchionne, la Camusso torna ad utilizzare violenti contro Fiat e contro l'esecutivo. Alla segretaria fa eco il leader del Partito Democratico, Pier Luigi Bersani, secondo il quale "è una vergogna incredibile sentire il presidente del Consiglio fare queste affermazioni". Infine l'ultrà dell'Idv, Antonio Di Pietro: "Berlusconi è un irresponsabile e oggi, sulla vicenda Fiat, ha gettato definitivamente la maschera". "SCHEMI VECCHI DI TRENT'ANNI" - La replica al leader del Pd è firmata dal sottosegretario Paolo Bonaiuti: "E' la logica di Bersani che fa andar via le aziende: quando la sinistra italiana parla di sindacato segue schemi vecchi di trent'anni e orami suoperati in tutta Europa". EMMA E CASINI CON IL CAV - Con il premier si schiera anche il leader dei centristi, Pier Ferdinando Casini. "Marchionne non è un santo, e sta facendo delle forzature evidenti. Mi auguro però che i lavoratori votino sì al referendum". Questa l'idea del leader dell'Udc, secondo cui se Fiat dovesse abbandonare l'Italia "il suo esempio potrebbe essere seguito da altri, e sarebbe drammatico per il nostro Paese". Al coro si unisce la numero uno degli industriali, Emma Marcegaglia, secondo cui "Fiat vuole fare degli investimenti e per questo chiede la governabilità delle fabbriche. Non c'è nessuna lesione dei diritti", chiosa la leader di Confindustria.