"Ganzer senza scrupoli: accordi con trafficanti"
Le motivazioni dei giudici di Milano alla condanna a 14 anni per il comandate del Ros. Pena più bassa della richiesta (27 anni)
Il generale Giampiero Ganzer "non si è fatto scrupolo di accordarsi con pericolosissimi trafficanti ai quali ha dato la possibilità di vendere in Italia decine di chili di droga garantendo loro l'assoluta impunità". Così i giudici di Milano, che hanno depositato le motivazioni della condanna a 14 anni per il comandante del Ros nel processo per presunte irregolarità nelle operazioni antidroga. " NIENTE REATO ASSOCIATIVO - "Ganzer ha tradito per interesse lo Stato e tutti i suoi doveri tra cui quello di rispettare e fare rispettare la legge", proseguono i giudici. In 1.159 pagine i magistrati dell'ottava sezione penale spiegano anche perché non ha retto l'accusa legata al reato associativo. Ganzer infatti ha avuto una pena severa ma più bassa di quella chiesta dal pm, 27 anni di carcere. Con il generale era stato condannato a 7 anni e sei mesi anche Mauro Obinu, ex colonnello del Ros e attuale alto dirigente dei servizi segreti, oltre a diversi ex appartenenti all'Arma. "STRUMENTALIZZATE RISORSE ARMA" - Tra il 1991 e il 1997, il metodo targato Ros sarebbe stato quello "di creare traffico di droga prima al fine di reprimerlo usando a tal fine le conoscenze investigative, strumentalizzando le risorse dell'Arma, inducendo a importare droga trafficanti-fonti poi non perseguiti e arricchitisi con i soldi versati dagli acquirenti e mai sequestrati, e arrestando persone di sicuro interessate al narcotraffico ma ad esso istigati dai militari e dalle loro fonti". NO ALLE ATTENUANTI GENERICHE - "Il generale Ganzer non ha minimamente esitato a fare ricorso a operazioni basate su un metodo assolutamente contrario alla legge ripromettendosi dalle stesse risultati di immagine straordinari per sè stesso e per il ssuo reparto" aggiungono i giudici del Tribunale di Milano. Le attenuanti generiche, quindi", secondo la corte "non possono essere riconosciute". Questo "non solo per l'estrema gravità dei fatti, avendo consentito che numerosi trafficanti - primo fra tutti Bou Chaaya - fossero messi in condizioni di vendere la droga in Italia con la collaborazione dei militari e intascarne i proventi, con la garanzia dell'assoluta impunità, ma anche per la preoccupante personalità dell'imputato, capace di commettere anche gravissimi reati per raggiungere gli obiettivi ai quali è spinto dalla sua smisurata ambizione" osserva in conclusione il collegio giudicante.