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Marchionne "licenzia" l'Italia. Fini: "Parla da canadese"

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L'ad Fiat: "Dal nostro Paese non un euro di utile nel 2010". Il presidente della Camera lo attacca: "Lingotto, grande gruppo grazie ai contribuenti"

carlotta mariani
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"Senza l'Italia Fiat farebbe di più". Sergio Marchionne, il top manager italo canadese considerato il salvatore della prima industria italiana, l'ha sparata grossa domenica sera durante l'intervista con Fabio Fazio nella trasmissione Che tempo che fa. Una frase che inevitabilmente farà discutere, spaccherà il Paese tra i sostenitori di un manager che vuole trasformare Fiat in una multinazionale. E coloro che, invece, non possono dimenticare che Fiat è stata fondata alla fine dell'800 dal Senatore Giovanni Agnelli, nonno del più noto Avvocato, e da allora è cresciuta con la fatica fisica e finanziaria dell'Italia e degli italiani. La frase incriminata - "Fiat potrebbe fare di più se potesse tagliare l'Italia". Così ha detto l'ad del lingotto Sergio Marchionne ospite della trasmissione 'Che tempo che fa', condotta da Fabio Fazio. "Nemmeno un euro dei 2 miliardi dell'utile operativo previsto per il 2010 - ha concluso - arriva dall'Italia. Fiat non può continuare a gestire in perdita le proprie fabbriche per sempre". Poi, su se stesso, con consueta falsa modestia, il manager ha detto: "Io in politica? Scherziamo? Faccio il metalmeccanico, produco auto, camion e trattori". La questione Italia - "Qualsiasi debito verso lo Stato è stato ripagato in Italia, non voglio ricevere un grazie, ma non accetto che mi si dica che chiedo assistenza finanziaria". In questo modo Marchionne argomenta il suo ragionamento sul fatto che l'Italia è sostanzialmente oggi solo un peso per la Fiat. E ancora, aggiunge "La Fiat ha collaborato con lo Stato per costruire il futuro industriale del Paese, e oggi ha collaborato con il governo Usa per salvare Chrysler". Secondo Marchionne, quel tipo di collaborazione Stato-Industria esiste in tutti i Paesi del mondo, l'importante é ripagare i prestiti e che lo Stato non diventi gestore delle società".  Fini all'attacco - "Se la Fiat è un grande colosso lo deve al fatto che è stato per grandissimo tempo il contribuente italiano, lo Stato, a impedirle di affondare". Il presidente della Camera non ci sta alle critiche fatte da Marchionne e dice la sua durante un incontro con gli studenti delle scuole superiori di Rovigo. Secondo Fini, ha dimostrato "di essere più canadese che italiano" ed è paradossale "che dica a noi, alla classe dirigente, attenzione perchè non abbiamo più la capacità di competere, di stare sul mercato con una concorrenza molto marcata". L'Italia "è un Paese che per mille ragioni ha una scarsa capacità di attrarre capitali e competitività del lavoro" ma il leader di Fli sottolinea che può vincere la competizione mondiale "puntando sulla qualità". Di Pietro contro Casini pro - "Da Marchionne parole offensive e indegne", questo il giudizio del leader Idv Antonio Di Pietro. "E' noto a tutti che la Fiat ha sempre ricevuto denaro pubblico, così come è noto che è stata salvata, alcuni anni fa, dal sistema bancario italiano, e che la cassa integrazione attiva nelle fabbriche Fiat, da metà del 2008, è pagata dai contribuenti italiani. Insistiamo nel chiedere a Marchionne: quali sono i prodotti che si faranno in Italia, dove e in quali stabilimenti? In che modo saturerà gli stabilimenti italiani che sono fermi da mesi, lavorando al 40% delle proprie potenzialità?". Posizione opposta per il leader dell'Udc, Pierferdinando Casini. "Marchionne non ha una, ma cento ragioni, perchè l'alternativa per i lavoratori italiani e che si richiuda la saracinesca delle imprese in Italia e si vada in Serbia e si delocalizzi. Per cui bisogna guardare in faccia la realtà, non illudersi che la realtà sia diversa". E aggiunge "Credo che quando denuncia la perdita di competitività in Italia, Marchionne, purtroppo, dica una cosa sacrosanta, e non bisogna demonizzarlo. Mi piacerebbe dargli torto, ma non posso farlo vista la perdita di competitività del nostro Paese. E allora forse è meglio accettare le questioni poste da Merchionne". Lo stabilimento di Termini Imerese, ha poi sostenuto Casini, "è sempre in cima ai nostri pensieri. Abbiamo parlato con il sindaco di Termini Imerese, e credo che il datore di lavoro e gli operai sono sulla barca: o si rivedono i tradizionali rapporti di lavoro, o la barca affonda".   Sindacati infuriati-  Sergio Marchionne parla "come se la Fiat fosse una multinazionale straniera che deve decidere se investire in Italia", attacca Giorgio Airaudo, responsabile del settore auto della Fiom Nazionale. Anche gli altri sindacati, con sfumature e toni diversi, non apprezzano le parole dell'amministratore delegato della Fiat, intervistato da Fabio Fazio alla trasmissione 'Che tempo che fa'. "Marchionne - dice Rocco Palombella, segretario generale della Uilm - deve evitare di continuare ad umiliare i lavoratori e il sindacato che si è assunto la responsabilità di gestire anche accordi difficili". Per Bruno Vitali, responsabile Auto della Fim, "Marchionne deve credere di più nell'Italia e smettere di tenere tutti appesi. Ha sempre detto che qui perde, ma se investirà anche l'Italia genererà profitti come avveniva prima della crisi. Gli impianti sono nuovi e i lavoratori sono pronti a fare la loro parte".  

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