Vendetta su Panorama
di Gianluigi Nuzzi
Il metodo Woodcock vanta imitazioni. Stavolta il nome sbattuto sulle homepage dei siti internet è solo quello di Giacomo Amadori, giornalista di Panorama, nuovo cronista-mostro che scrive per un giornale della Mondadori, ovvero di Silvio Berlusconi. Per la procura di Milano, Amadori ha ricevuto da un appuntato delle Fiamme Gialle di Pavia, dati sensibili su politici come Antonio Di Pietro e Beppe Grillo, giornalisti come Marco Travaglio, imprenditori come gli Agnelli. Anche se fosse dimostrata l'accusa, Amadori ha fatto il suo mestiere. Ha trovato delle notizie e le ha pubblicate. Piaccia o non piaccia, le notizie che riguardano il denaro, dalle proprietà ai redditi, hanno da sempre un alto grado gradimento in un'Italia guardona come è il nostro paese. Ma come esce, la notizia ha l'effetto di gettare taniche di benzina sul fuoco delle polemiche. Così Amadori sembra più l'adepto di una spectre (ovviamente opaca) più che un professionista a caccia di notizie. La Procura ha fatto però di più. Ha ottenuto l'arresto del finanziere che per l'accusa passava queste notizie delicate al giornalista e qui la storia si complica sotto molteplici profili lasciando senza risposte alcune domande. Vediamo. Ieri mattina l'appuntato Fabio Diani, addetto alla sala operativa del comando di Pavia, viene messo ai domiciliari su richiesta del pm Ramondini. Diani, sposato, due figli, deve aver avvertito da tempo la terra franare sotto i piedi. Da quando, più precisamente, è stato ridimensionato nelle mansioni. Il suo comandante, Domenico Grimaldi, è uno tosto, viene dal lotta alla ‘ndrangheta e al traffico di droga. Così l'ha spedito a fare il piantone. Ed è difficile dargli torto soprattutto dopo aver scoperto che Diani con la sua password navigava con spregiudicatezza nella banca dati Ser.PI.Co, ovvero il servizio per le informazioni sul contribuente che raccoglie tutte le notizie economiche su ciascuno di noi. Un cervellone che custodisce dalla dichiarazione dei redditi agli atti del registro. Buona parte di queste informazioni sono accessibili pubblicamente, la Finanza li aggrega in via telematica per contrastare l'evasione. I nomi sono riportati nei provvedimenti sono eclatanti: c'è la famiglia Agnelli al gran completo, da Lapo ad Elkann, con i primi collaboratori come l'avvocato Franzo Grande Stevens e Gianluigi Gabetti. C'è Di Pietro, dalla moglie Susanna Mazzoleni all'Idv, ci sono gli antiberlusconiani doc come Travaglio, Grillo, Gioacchino Genchi, Luca Casarini, Luigi De Magistris, i parenti di Patrizia D'Addario, i Caracciolo, persino il giudice Mesiano. Ed è qui il nocciolo della vicenda: a Diani vengono contestati 1.340 accessi in qualche anno, ad Amadori, invece, l'aver beneficiato di quelli relativi solo a una trentina di soggetti ai quali aggiungere parenti e congiunti. A conti fatti meno di un centinaio di persone. E gli altri 1.240 accessi per conto di chi sono stati eseguiti? Mistero. Cioè, la stragrande parte delle intrusioni, oltre il 90%, è ancora avvolta nella nebbia più assoluta. Ora però vengono evidenziati solo quelle riconducibili agli articoli del settimanale. Perché? C'è poi un altro dettaglio: questa indagine emerge solo a pochi giorni, anzi a poche ore dallo scoop sull'ultimo numero del settimanale. Panorama in edicola svela come Arpisella, portavoce della Marcegaglia, avesse rivolto delle pressioni telefoniche su Amadori per evitare che indicasse il nome del numero uno di Confindustria in alcuni servizi. Panorama ha pubblicato i testi delle telefonate dopo che Amadori le aveva registrate. Oggi l'iniziativa della procura di Milano. C'è una coincidenza tra i fatti almeno sorprendente, come sottolinea lo stesso direttore del settimanale, Giorgio Mulè: «La coincidenza tra questa iniziativa e la nostra ultima copertina è quantomeno sospetta», dice Mulè: «Tra l'altro proprio tra gli articoli indicati dai magistrati c'è quello che riguarda la Marcegaglia. E credo che la coincidenza sarà più sospetta dopo la lettura dei quotidiani visto che verrà adombrata un'inesistente spectre. Amadori ha pubblicato tutte le notizie in suo possesso». Anche perché ad emergere è solo un pezzo dell'inchiesta, che fa luce su una percentuale assai ridotta degli accessi illegittimi. Gli stessi inquirenti indicano nel provvedimento che il sottoufficiale ha agito anche per «altre ragioni diverse e in corso di accertamento». Quali esse siano è però un mistero. Intanto, la notizia trapela ed esplode a Segrate, in Mondadori, criminalizza il giornalista anche se non ha sborsato denaro e non ha fatto altro che pubblicare quanto avrebbe messo in pagina qualunque collega con la possibilità di sapere quanto dichiarano gli eredi di Agnelli. Nel provvedimento, infatti, si osserva che Amadori «al fine di utilizzare il contenuto» delle informazioni ricevute «per i propri articoli» avrebbe raccolto le informazioni dal sottoufficiale. Non c'è altro. Una volta «ricevute le informazioni le utilizzava nel contesto di articoli giornalistici pubblicati dal periodico Panorama». Come fonte di prova vengono elencati tutti i pezzi pubblicati nei quali compaiono le informazioni sensibili. Basta leggere i titoli: “Ecco quanto dichiarano gli Agnelli”, “Di Pietro, tengo famiglia”. Insomma, Amadori non ha tenuto le notizie nel cassetto. Le ha diffuse come il codice deontologico impone. Dov'è la spectre?