Sei arresti per l'omicidio di Lea Garofalo
La collaboratrice di giustizia svelò gli affari della 'ndrangheta. Rapita a Milano il 24 novembre, sarebbe stata sciolta nell'acido. Tra i mandanti il suo ex Cosco
Uccisa e sciolta nell'acido per aver collaborato attivamente con le forze dell'ordine, per aver indirizzato gli inquirenti dal 2002 sugli affari delle cosche della 'ndrangheta di Petilia Policastro (Crotone). E' questo lo scenario che gli inquirenti hanno tracciato sul tragico destino di Lea Garofalo, 35 anni, ex collaboratrice di giustizia e compagna di uno dei soldati della faida dei calabresi scomparsa tra il 24 e il 25 novembre scorso. Fermi - Sono sei le ordinanze di custodia cautelare in carcere emesse nella notte dal procuratore aggiunto di Milano Alberto Nobili e dai pm Marcello Tatangelo (dda) e Letizia Mannella. Le prime due sono state notificate in carcere a Carlo Cosco (40enne), coinvolto in inchieste antimafia a Milano ed ex compagno della Garofalo (dalla cui relazione è anta anche una figlia, ora maggiorenne) e a Massimo Sabatino, spacciatore di Quarto Oggiaro a sua volta già in carcere. Infatti i due erano già stati arrestati a febbraio per un precedente tentativo di sequestro, avvenuto a Campobasso nel maggio dell'anno scorso, con lo scopo di uccidere la donna per vendicarsi delle dichiarazioni da lei rese agli inquirenti. Gli altri quattro destinatari del provvedimento sono i fratelli Giuseppe "Smith" Cosco e Vito "Sergio" Cosco, e altre due persone, una delle quali accusata solo di distruzione di cadavere. La "colpa" di Lea Garofalo, come detto, era quella di aver iniziato a collaborare con l'Antimafia nel 2002, facendo luce sulla faida tra i Garofalo e il clan rivale dei Mirabelli. Nelle sue dichiarazioni aveva parlato degli omicidi di mafia avvenuti alla fine degli anni Novanta a Milano: soprattutto quello di Antonio Comberiati, nel 1995, nel quale era stato coinvolto anche il fratello. Da quando nel 2006 aveva abbandonato il piano di protezione e lasciato la località segreta dove viveva, la Garofalo era tornata nel mirino della 'ndrangheta e dell'ex Carlo Cosco. Secondo l'indagine, sarebbe stato proprio Carlo Cosco a organizzare l'agguato. La donna si trovava a Milano e l'uomo, con la scusa di andare a trovare la figlia ha attirato la sua ex a Milano nello stabile di viale Montello 6, un palazzo che ospita molti parenti dei caduti della guerra di mafia. Lo scorso 24 novembre Lea Garofalo partecipò a una riunione di famiglia per decidere dove la figlia avrebbe proseguito gli studi dopo le superiori. Le sue tracce si sono perse nel pomeriggio quando alcune telecamere l'hanno inquadrata nella zona del palazzo e lungo i viali che costeggiano il cimitero Monumentale. La figlia e il padre erano alla stazione Centrale ad attenderla insieme al treno che avrebbe dovuto riaccompagnarla al Sud. Almeno quattro giorni prima del rapimento, Cosco aveva predisposto un piano contattando i complici, assicurandosi sia il furgone dove è stata caricata a forza, sia la pistola per ammazzarla "con un colpo", sia il magazzino o il deposito dove interrogarla, e infine l'appezzamento dove si ritiene sia stata sciolta nell'acido. La distruzione del cadavere ha avuto lo scopo di "simulare la scomparsa volontaria" della collaboratrice e assicurare l'impunità degli autori materiali dell'esecuzione.