Federalismo, Fini: Né piccole patrie né identità padana
In un discorso a tutto campo il presidente della Camera interviene su immigrazione, cittadinanza e legge elettorale
"Alla base della richiesta crescente da parte dei cittadini di rafforzare il processo di decentramento territoriale non vi è un nostalgico guardare indietro alle 'piccole patrie' unitarie e nemmeno vi è il fascino di una inesistente identità padana" quanto piuttosto "l'insoddisfazione per il cattivo funzionamento del modello di Stato centralista che negli ultimi anni ha preso più vigore". A sostenerlo è il presidente della Camera, Gianfranco Fini, che ha incontrato oggi ad Aosta i rappresentanti dell'assemblea regionale valdostana. Scelta obbligata - Il presidente della Camera ha ribadito che il federalismo "quale sistema di governance multilivello basato sui principi di autonomia e di sussidiarietà è oggi una scelta obbligata e irreversibile". Ha precisato però che "se la scelta del federalismo è una scelta irrinunciabile, rimane da affrontare la questione che si pone immediatamente dopo e che attiene alla necessità di individuare lo specifico modello di Stato federale". Il federalismo non può essere concepito come uno slogan, secondo Fini. Non può essere un "manifesto privo di pesi e contrappesi. E' necessario configurare, organizzare e far funzionare il nostro sistema di governance multilivello in modo che esso diventi un fattore di crescita, di sviluppo sostenibile, di coesione sociale e di competitività del Paese e non, invece, un fattore di conflittualità politica, di paralisi decisionale, di eccessiva complicazione burocratica, di inutile appesantimento dei costi di regolazione". "Solo un approccio superficiale può porre in contrapposizione federalismo ed unità nazionale". Piuttosto "è vero che il primo è destinato a rinnovare il modo in cui concepiamo la seconda". Per il presidente della Camera "il modello di Nazione 'sangue e terra', che ha dominato la storia nei due secoli passati anche con le sue nefaste degenerazioni, è definitivamente alle nostre spalle. Abbiamo, invece, davanti a noi, il compito di costruire e difendere la Nazione come comunità politica aperta e pluralista". E questo significa "saper difendere e, soprattutto, saper rivitalizzare le forme attraverso cui trovano concreta traduzione i valori fondamentali che stanno alla base della convivenza democratica". Il federalismo deve essere "solidale più che competitivo. I forti divari che tutt'ora permangono tra centro Nord e Mezzogiorno non possono giustificare differenziali di trattamento nella fruizione di servizi essenziali che investono diritti fondamentali quali, ad esempio, la tutela della salute. Questo è un principio di civiltà giuridica su cui non è possibile effettuare alcun arretramento o compromesso al ribasso e sul cui rispetto è necessario vigilare". Immigrati - Nel suo intervento Fini torna anche sul tema del diritto alla cittadinanza, chiedendo che la politica nazionale si faccia carico di chiunque lavori nel Paese, siano "regolari o irregolari": "Che aspiri o no ad essere un cittadino, che sia regolare o meno, e so che questo fa discutere, ma resta sempre una persona con i diritti fondamentali e il problema non può essere scaricato sugli amministratori locali. La politica deve fare valere il suo primato". Occorre ripensare cosa si intenda per cittadinanza: "Non è uno status ma appartenenza ad una comunità. Questo significa porsi in un'ottica di garanzia dei diritti dei cittadini avendo chiaro che ci sono tanti uomini che lavorano, che non sono cittadini e non sono necessariamente extracomunitari. Questo è un tema che si pone al di là della quotidiana bagarre tra schieramenti". Legge elettorale - Parlando dei cambiamenti da apportare, rispondendo a una domanda nell'ambito della lezione Scuola per la democrazia, promossa da Luciano Violante, Fini non dimentica di occuparsi di legge elettorale: "Il dibattito sulla legge elettorale credo si debba fare, mi auguro già in questa legislatura, partendo da una domanda: la sovranità popolare comporta per gli elettori il diritto di scegliere il deputato o il senatore? Siccome non riesco a rispondere no - ha proseguito - va da sé che sì, bisogna cambiare la legge elettorale e, quale che sia la soluzione che si adotta, avvicinare l'elettorato all'eletto".