Ritrovati segni di civiltà in Amazzonia
Secondo gli studiosi dell'Università della Florida, la foresta sarebbe stata abitata da milioni di Indiani. Rinvenuti cocci di ceramica, concime e una grande impronta
A prima vista, un occhio inesperto non potrebbe credere che il cuore della foresta amazzonica, un tempo, abbia ospitato una civiltà che è stata in grado di gestire l'immensa foresta per le proprie esigenze, arrivando persino ad arriccchire il fertile terreno per sfamare migliaia di persone. I risultati della ricerca, diffusi dal "Washington Post", sembrano dunque screditare la teoria che, fino a oggi, ha da sempre descritto l'Amazzonia come "un buco nero", un ambiente troppo ostile e una terra troppo povera per il proliferare di una società sedentaria che si stabilisse al suo interno. Soltanto piccole tribù di cacciatori, sempre secondo tale teoria, sarebbero riuscite a sopravvivere, guadagnandosi da vivere, in un ambiente che non perdona. Ma gli scienziati hanno ribaltato l'opinione comune: la foresta amazzonica è stata abitata da milioni di persone e Indiani. "C'è una gigantesca impronta nella foresta" ha dichiarato Augusto Oyuela-Caycedo, 49 anni, professore colombiano presso l'Università della Florida, che sta lavorando in questo angolo di paradiso disperso, nella zona Nord-Est del Perù. Curvo su un monticello artificiale indiano, avrebbe infatti raccolto cocci di ceramica e una terra ricca di sostanze nutritive e fertili, risalente a centinaia di anni fa. "E' senza dubbio artefatto del passato- ha rivelato- Si tratta di un prodotto delle azioni umane". E, anche al di fuori di Manaus, in Brasile, alcuni scienziati americani ed Eduardo Neves, famoso archeologo brasiliano, avrebbero trovato enormi falciate di "Terra Preta", la cosiddetta terra indiana scura, un composto reso fertile da una miscela di carbone, rifiuti umani e sostanze organiche. Sono stati inoltre rinvenuti anche frutteti di alberi da frutto semi-addomesticati. Lungo lo Xingu, un affluente amazzonica, in Brasile, Michael Heckenberger dell'Università della Florida avrebbe trovato fossati, argini, canali, segni e impronte di una civiltà stratificata che, secondo le sue ricerche, esisteva già nel 800 d.C. Nel 1980, a Marajo Island, alla foce del Rio delle Amazzoni, si ritiene che ci fosse già una società con più di 100mila abitanti. Queste prime conclusioni, pubblicate nel 1991, potrebbero oggi essere rafforzate dagli studiosi. "Penso che arriveremo a umanizzare la storia del Rio delle Amazzoni" ha dichiarato, emozionato, Neves, 44 anni, professore presso l'Università di Sao Paulo. "Non stiamo più guardando all'Amazzonia come una scatola nera. Stiamo vedendo che queste persone erano presenti come in nessun'altra parte del mondo. Stiamo dando un senso alla storia". E, intanto, il numero di scienziati sciettici riguardo una possibile forma di civiltà avanzata è diminuito, anche se alcuni manifestano tuttora le loro perplessità. Secondo Betty J. Meggers, direttore di archeologia presso la "Smithsonian Institution" , infatti, le nuove teorie sarebbero basate più su "un pio desiderio" che "una scienza". "Mi dispiace dire che gli archeologi, per produrre sensazionali confutazioni delle teorie precedenti, si illudano così" ha detto Meggers, il cui libro del 1971, "Amazzonia: l'uomo e la cultura in un paradiso della contraffazione", sostiene che la foresta è inabitabile su larga scala. In un certo senso, la teoria che l'Amazzonia possa essere stata fonte di civiltà non dovrebbe sorprendere. In un lungo viaggio lungo il Fiume Napo, in Ecuador, infatti, nel 1541, lo spagnolo Gaspar de Carvajal, un cronista della conquista europea, aveva già scritto di "città che brillavano, canoe che trasportavano decine di guerrieri indiani e molta terra fruttuosa". Ma, fino a poco tempo fa, gli scienziati e gli esploratori avevano tutti respinto il suo lavoro, considerato soltanto un mezzo per convincere gli uomini che la ricerca di El Dorado sarebbe stata feconda. In Amazzonia mancherebbero però, a detta degli esploratori, acquedotti piramidi di pietra, come quelle del Messico. Ma "Terra Preta", il nero, ricco di sostanze nutritive, sarebbe "il migliore terreno che si trova in Amazzonia", a detta di Oyuela-Caycedo. Situato a 3 metri di profondità ed esteso a 100 ettari, questa terra avrebbe nutrito almeno 5mila persone.