Il Cav: "Basta parole". Alfano va al Colle per il processo breve
No al voto e si continua con i 5 punti del programma. Il Guardasigilli presenta il testo della riforma della giustizia a Napolitano
Nessuna voglia di elezioni anticipate, ma assoluta determinazione nel proseguire sui 5 punti programmatici fissati durante l'estate. E sull'accordo con Fini, ormai il Premier non fa più affidamento già da tempo. Chi ha parlato oggi con Berlusconi lo descrive infatti "convinto" che il suo Governo riuscirà ancora a realizzare le riforme in progetto e che nessuna trattativa con Fini servirebbe dato che "nessuno si fida più dell'altro". Anche sul processo breve, dunque, il Cav non ha la minima intenzione di trattare con il Presidente della Camera. Meglio rivolgersi ancora più in alto, dunque, come ha fatto il Guardiasigilli, Angelino Alfano, che, dopo giorni di continue riunioni a Palazzo Grazioli, è salito al Quirinale per illustrare direttamente al Presidente Napolitano le possibili modifiche al testo approvato dal Senato. Il Premier avrebbe espresso, inoltre, nutriti dubbi sul processo breve forse rafforzati dal colloquio di Alfano con il Capo dello Stato, al Colle. Giorgio Napolitano lo avrebbe, infatti, chiamato per fare il punto della situazione sulle politiche del Governo in materia di riforma della giustizia. Napolitano avrebbe quindi ribadito che non intende entrare in alcun modo nel merito del provvedimento e che una sua valutazione si avra' solo nel caso in cui vi siano testi definitivi. Il Premier sa bene che la posizione del Colle difficilmente sarebbe diversa da quella espressa a suo tempo dal Csm che, proprio sulla norma transitoria, aveva manifestato perplessita' e rilievi sul gran numero di processi destinati a morte certa. In sostanza, il colloquio di oggi deve soltanto aver confermato quello che Berlusconi temeva già da alcuni giorni: il processo breve, cosi' com'e' uscito dal Senato, non vedra' mai la luce. Meglio dunque pensare a un nuovo Lodo costituzionale. Strada su cui i finiani, cosi' come l'Udc, dicono che non metterebbero le barricate. E sul discorso di Mirabello di Fini, Berlusconi non si aspetta grandi novità. "Un partito non potrà annunciarlo- ha ragionato oggi un Ministro- perchè aprirebbe una faida nel suo gruppo; il Governo non potrà scaricarlo perché, così facendo, tradirebbe il mandato degli elettori". E, allora, come ultima spiaggia, a Fini non resterà altro che "dire che vogliamo cacciarlo dal Pdl, quando è proprio lui che ha aperto il fuoco e la guerra". Le uniche delucidazioni che potrebbero arrivare riguarderebbero questioni extra politiche. "Dica qualcosa sulla casa di Montecarlo" ha osservato, con sarcasmo, il Cav, che ha continuato- "E' un mese che non risponde alle domande che gli vengono poste". La situazione sembrerebbe così rimanere in stallo anche dopo Mirabello: "Fini non se ne andrà, noi non lo cacceremo. Ma in Parlamento si vedrà chi sostiene il Governo che ha vinto le elezioni e chi invece tiene fede agli impegni". Se bisogna discutere con qualcuno, invece, quel qualcuno sono proprio i finiani. Perchè la convinzione, più volte ribadita anche negli incontri di oggi, è che, in caso di strappo definitivo di Fini, la "scorta" dei parlamentari a lui vicini si ridurrebbe. Nella giornata di ieri, il Presidente del Consiglio aveva incontrato Mario Baldassarri, condividendone le sue preoccupazioni sulla necessità di affiancare lo sviluppo al necessario rigore dei conti, così come quelle sui rischi derivanti da elezioni anticipate in prossimità di rilevanti emissioni di titoli pubblici. E, oggi, lo stesso Baldassarri avrebbe offerto la sua disponibilità ad assumere la titolarità dello Sviluppo economico "se ci saranno le condizioni". Denis Verdini, dopo una riunione con Berlusconi, ha dichiarato che "noi siamo fermi sulle nostre posizioni e, anche se la riunione dei probiviri del Pdl sull'espulsione di Bocchino, Briguglio e Granata non slitterà, il suo esito non sarà scontato".