Strage di Bologna, 30 anni dopo
Tra commemorazioni e polemiche, oggi è la giornata "per non dimenticare". Napolitano: "Bisogna colmare persistenti lacune e ambiguità sulle trame e le complicità sottese a quel terribile episodio"
Puntuale alle 8,30 è iniziata nella sala del Consiglio comunale di Bologna la cerimonia di commemorazione a trent'anni dalla strage del 2 agosto alla stazione centrale di Bologna dove hanno perso la vita 85 persone e ne vennero ferite altre 200. All'incontro con i familiari delle vittime sono presenti, tra gli altri, il segretario del Pd Pierluigi Bersani, la figlia di Aldo Moro Agnese, e Marco Alessandrini figlio del giudice ucciso da "Prima Linea". Secondo l'associazione delle vittime, l'assenza più “pesante” è quella di un rappresentante del governo atteso fino all'ultimo momento. Per il presidente dell'associazione dei familiari delle vittime Paolo Bolognesi «chi non c'è ha perso un'occasione. Non vogliamo fare polemiche, ma un ministro avrebbe dovuto dare risposte e tutti le avrebbero sentite. Questo probabilmente è uno dei motivi» per cui l'esecutivo ha preferito non essere presente alle cerimonie commemorative. Cerca di gettare acqua sul fuoco il commissario di Bologna Anna Maria Cancellieri: «Il governo è rappresentato dal prefetto, quindi c'è. Non mi portate in discussioni che non mi appartengono». Evita le polemiche anche il prefetto Angelo Tranfaglia: «Su questo non ho alcun commento da fare». E a chi gli ricorda le dichiarazioni fatte ieri dal ministro della Difesa Ignazio La Russa aggiunge: «non ci dovrebbero mai essere i fischi in queste occasioni. Sono occasioni di incontro, grande comunione e di memoria condivisa». Alle 9,30 è partito il corteo al quale partecipano i gonfaloni delle città delle vittime della strage diretto in stazione dove proseguiranno le celebrazioni. Colmare le lacune - «Sono decorsi trenta anni da quel terribile 2 agosto 1980, quando il devastante attentato alla stazione centrale di Bologna provocò 85 morti e oltre duecento feriti. A essi e ai loro famigliari va il mio pensiero commosso e partecipe. La vita di inermi cittadini fu quel giorno spezzata dalla violenza di ciechi disegni terroristici ed eversivi. La definizione delle loro matrici così come la individuazione dei loro ispiratori hanno dato luogo a una tormentata vicenda di investigazioni e processi non ancora esaurita». Lo ricorda il Presidente della Repubblica, Giorgio Napolitano, che, nel messaggio inviato al presidente dell'Associazione tra i familiari delle vittime della strage alla stazione di Bologna, Paolo Bolognesi, aggiunge: «La trasmissione della memoria di quel tragico fatto e di tutti quelli che in quegli anni hanno insanguinato l'Italia non costituisce solo un doveroso omaggio alle vittime di allora, ma impegna anche i magistrati e tutte le istituzioni a contribuire con ogni ulteriore possibile sforzo a colmare persistenti lacune e ambiguità sulle trame e le complicità sottese a quel terribile episodio. È un tale sforzo il modo migliore di corrispondere alle attese di tutta la nazione e all'ansia di giustizia di chi è sopravvissuto tra penose sofferenze e dei famigliari delle vittime. Altrettanto essenziale - sottolinea il Capo dello Stato - è adoprarsi per diffondere sempre di più nel Paese una cultura del confronto democratico e della tolleranza tale da prevenire il ripetersi di analoghi rigurgiti di violenza. Con questi sentimenti, esprimo a lei, signor presidente, e a tutti i famigliari di chi ha perso la vita in quella orribile strage - conclude Napolitano - la mia affettuosa vicinanza, interpretando i sentimenti di solidarietà dell'intero Paese». Accertare le verità - Nel messaggio inviato al presidente del Comitato di solidarietà alle vittime delle stragi, Annamaria Cancellieri, il presidente del Senato Renato Schifani dice: «Accertare la verità dei fatti e individuare i responsabili di quel drammatico e atroce attentato deve continuare ad essere una priorità, perché non soltanto i familiare delle vittime, ma la nazione tutta ha il diritto di sapere le ragioni di un gesto così efferato, affinchè fatti così gravi non abbiano più a ripetersi - prosegue - Sono passati trent'anni da quel sabato 2 agosto 1980, giorno tragico e drammatico della storia recente del nostro Paese in cui persero la vita 85 persone e 200 rimasero ferite. A tutti loro - ricorda Schifani - va oggi il mio pensiero commosso e al Comitato di solidarietà alle vittime, all'Associazione familiari, presieduta da Paolo Bolognesi, e a quanti hanno operato in questi anni per tenere sempre viva l'attenzione su quella terribile strage attraverso un'opera costante di ricerca della verità e di trasmissione della memoria il più sentito ringraziamento. Nel rinnovare la mia vicinanza alle famiglie colpite e alla città di Bologna tutta rivolgo un sincero saluto a lei e a quanti ogni giorno si battono per l'affermazione della verità e della giustizia». Cosa è successo quel terribile 2 agosto del 1980 - Un boato. Poi macerie, sangue e sirene dei vigili del fuoco e ambulanze. È questa la triste immagine che a distanza di 30 anni, era il 2 agosto del 1980, Bologna non può dimenticare. Erano le 10,25 quando una bomba è esplosa nella sala d'aspetto di seconda classe della stazione ferroviaria del capoluogo emiliano-romagnolo. Lo scoppio fu violentissimo e provocò il crollo delle strutture sovrastanti le sale d'aspetto dove si trovavano gli uffici di un'azienda di ristorazione e circa 30 metri di pensilina. L'esplosione investì anche il treno Ancona- Chiasso in sosta al primo binario. Sono morte 85 persone e più di 200 son rimaste ferite. Provenivano da 50 città diverse italiane e straniere. La città, come ricordano le testimonianze, si è trasformata in una gigantesca macchina di soccorso e assistenza per le vittime e i sopravvissuti. I vigili del fuoco dirottarono sulla stazione un autobus che si trasformò in un carro funebre. Nel pomeriggio di quella giornata estiva l'allora presidente della Repubblica Sandro Pertini, arrivò in elicottero e si precipitò all'ospedale Maggiore dove era stata allestita una delle tre camere mortuarie. "Signori, non ho parole - disse ai giornalisti - siamo di fronte all'impresa più criminale che sia avvenuta in Italia". I funerali, fissati per il 6 agosto, si svolsero in San Petronio, e furono diverse le manifestazioni in Piazza Maggiore. Solo 7 vittime hanno avuto il funerale di stato. Le indagini, fin dall'inizio hanno avuto un intoppo: nel tentativo di mettere in dubbio la natura dolosa dello scoppio, infatti, vennero ipotizzate cause fortuite quali lo scoppio di una caldaia. "Si tentò di evitare reazioni della piazza e di ritardare il rinvenimento di tracce utili" lamentano da anni i rappresentanti dell'Associazione tra i familiari delle vittime che si è costituita l'1 giugno 1981. Già alla fine di agosto comincia ad essere abbozzata una ipotesi accusatoria indirizzata anche verso ideatori e depistatori, ma il passaggio dell'inchiesta dalla Procura all'Ufficio Istruzione segna una sorta di inversione di tendenza: l'indagine comincia ad essere spezzettata. Viene inviata a Roma per competenza l'indagine sull'associazione eversiva. Il 19 Gennaio 1987 inizia il processo. I condannati per depistaggio sono tutte persone iscritte a logge massoniche. Il processo d'Appello iniziò nell'ottobre 1989 e la sentenza fu emessa il 18 Luglio 1990: "Tutti assolti dall'accusa di strage". Il 12 Febbraio 1992 le Sezioni Unite Penali della Corte di Cassazione emettono la sentenza: "Il processo d'appello va rifatto. La sentenza d'appello è illogica, priva di coerenza, non ha valutato in termini corretti prove e indizi, non ha tenuto conto dei fatti che precedettero e seguirono l'evento". Nell'ottobre 1993 inizia il secondo processo d`appello che nel 1994 conferma l'impianto accusatorio del processo di primo grado. Il 22 Novembre inizia il processo in Cassazione: la sentenza viene emessa il 23 Novembre 1995 e viene confermata nella sostanza la sentenza del secondo processo d'appello. Ogni anno, in occasione dell'anniversario della strage l'Associazione delle vittime, che nel 1984 raccoglie 100mila firme per una proposta di legge per l'abolizione del segreto di Stato nei delitti di strage e terrorismo, incalza i rappresentanti del governo per conoscere a distanza di trent'anni i veri mandanti.