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Regionali, respinto il ricorso di Cota

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La quinta sezione del Consiglio di Stato non ha accolto la richiesta di sospensiva e ha detto sì al riconteggio. Sono circa 15mila le schede contestate. Soddisfatta la Bresso

Roberto Amaglio
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Non solo il Tar della Regione Piemonte. Ora pure il Consiglio di Stato sgambetta Roberto Cota. La quinta sezione di Palazzo Spada ha infatti rigettato il ricorso dei legali del Governatore leghista riguardante la sospensiva della decisione del Tar sul riconteggio delle 15 mila schede elettorali contestate dalla sinistra. L'udienza tra le parti era iniziata alle 15:40. Il presidente Stefano Baccarini aveva subito chiesto ai ricorrenti (i legali Angelo Clarizia, Luca Procacci e Alberto Romano) di esporre quale sarebbe il pericolo patito nel caso si andasse avanti con il riconteggio delle schede predisposto il 16 luglio: tuttavia il richio di ingovernabilità ventilato dai difensori di Cota non ha evidentemente convinto i giudici capitolini. La sentenza dei supremi giudici amministrativi di Roma, tuttavia, riguarda solo l'esecuzione del dispositivo della decisione del Tar, mentre non entra nel merito della questione. Le motivazioni dei giudici piemontesi, infatti, devono ancora essere depositate: solo quando il fascicolo verrà reso pubblico (si pensa già domani) Cota potrà avanzare un altro ricorso al Consiglio di Stato, questa volta approfondendo tecnicamente i motivi per cui non proseguire al riconteggio. Prima della sentenza del Consiglio di Stato, la candidata del Pd Mercedes Bresso, uscita sconfitta nell'ultima tornata elettorale, aveva già espresso il suo ottimismo in vista della decisione del tribunale amministrativo. Per bocca del suo avvocato Luca Di Raimondo (che fa parte del pool di avvocati che assistono le liste di centrosinistra ricorrenti), la Bresso aveva sostenuto l'incoerenza di un ricorso contro la decisione del Tar di Torino. "Secondo noi questo ricorso non ha senso – ha sostenuto Di Raimondo –. Primo perché il dispositivo del Tar dispone solo attività istruttorie e non si è mai visto nella storia della giurisprudenza ricorrere contro attività tali. Secondo perché non c'è un danno: le motivazioni della sentenza devono ancora uscire (probabilmente domani) e non capisco questa fretta".

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