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No alla cravatta. Il Ministro della Salute dice: "È un covo di batteri. Mai indossarla in ospedale"

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L'indumento non viene lavato e sterilizzato ogni volta. In Gran Bretagna è già stata vietata ai medici. In Italia per il momento no

bonfanti ilaria
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Sarà pure simbolo di classe ed eleganza, ma è anche un covo di batteri. A denunciarlo è il Ministro della Salute, Ferruccio Fazio, riferendosi ai medici che indossano tranquillamente la cravatta, quando visitano i pazienti. Secondo Fazio infatti il pericolo di uno degli accessori più utilizzati dagli uomini, specialmente sul lavoro, "è stato scientificamente dimostrato" tanto che in Inghilterra hanno già abolito l'uso della cravatta nelle corsie d'ospedale. "È una delle più gravi fonti di infezioni, la maggiore che esista sul corpo dell'uomo" ha denunciato il Ministro ai microfoni di Radio2, nel corso del programma "Un giorno da pecora". È Il problema, a detta di Fazio, risiede nel fatto che l'indumento "rimane sempre lo stesso perchè, pur cambiandolo ogni giorno, non è viene mai lavato e non è nemmeno possibile sterilizzarlo ogni volta". Per il momento il Ministro della Salute non ha alcuna idea in merito a provvedimenti o soluzioni concrete "anti- cravatta",  ma il suo punto di riferimento è una direttiva britannica dell'anno 2006. Con tale regolamentazione la "British Medical Association" avvertiva così i medici degli ospedali: " I dottori devono obbligatoriamente evitare di indossare indumenti non funzionali, come le cravatte , su cui si annidano in continuazione batteri resistenti agli antibiotici". E uno studio eseguito dall'Istituto Spallanzani di Roma ha inoltre calcolato che, ogni anno, i casi di infezioni ospedaliere provocano tra i 4.500 e i 7mila decessi in Italia, suggerendo ai medici le buone norme da adottare prima di visitare un paziente. Ma con il messaggio del Ministro, che ha lanciato per primo l'allarme, non tutti i medici si trovano d'accordo. Secondo una buona parte di dottori, infatti, la cravatta non rappresenterebbe un grave rischio nelle corsie dei reparti normali. L'attenzione al problema andrebbe riservata nelle sale operatorie o nei reparti di rianimazione, dove- hanno sottolineato- "vengono già prese precauzioni eccezionali per evitare eventuali contaminazioni a danno dei pazienti".

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