Carcere a vita per il padre di Sanaa
Nessuno sconto di pena per il barbaro assassinio della giovane marocchina. La sua colpa: aver frequentato un ragazzo italiano. Assenti in aula i parenti della vittima
Nessuno sconto e nessuna attenuante. Il gup del Tribunale di Pordenone, accogliendo la richiesta inoltrata questo pomeriggio dal pm, ha condannato all'ergastolo El Kataoui Dafani, il padre di Sanaa, la giovane uccisa il 15 settembre del 2009 per la sua relazione con un ragazzo italiano. Nonostante il rito abbreviato, i giudici di Pordenone hanno deciso di usare la mano pesante per condannare un omicidio efferato e che, nonostante lo scontro di civiltà e le regole della famiglia islamica, è aggravato da futili motivi. A dar la notizia della condanna è stata l'Acmid-Donna, l'associazione delle donne musulmane moderate, rappresentate dalla parlamentare del Pdl, Souad Sbai. “Non era mai accaduto e questo è un fatto estremamente importante, un segnale forte di condanna della ferocia che non può avere nessuna scusa, nessun alibi di nessun tipo”. “Basta integralismi, basta estremismi - ha ribadito Sbai -. Lo Stato deve prendere in mano la comunità. Nessuna attenuante culturale e religiosa perché ciò infangherebbe il mondo arabo e islamico: si sta parlando di una ragazza uccisa per questioni di pressioni esercitate da alcuni personaggi della comunità”. Soddisfatto del corso della Giustizia anche il sottosegretario all'Interno Alfredo Mantovano. "La sentenze serve a riaffermare il principio che in Italia nessuna lesione ai diritti fondamentali, e quello alla vita è il primo di essi, può conoscere tolleranza o comprensione, neanche parziali. Tale riaffermazione deve avvenire quotidianamente sia nell'azione del governo centrale e dei governi del territorio sia nella risposta giudiziaria contro inaccettabili soprusi". Parenti assenti - Ergastolo doveva essere ed ergastolo è stato, dunque. Tuttavia questo duro verdetto non può far passare in secondo piano l'assenza dei parenti di Sanaa, i quali non si sono presentati nemmeno in questo ultimo atto del processo. A testimoniare la sua amarezza per la freddezza della comunità musulmana e marocchina è ancora una volta Souad Sbai. “Sono rammaricata di vedere ancora la pressoché totale assenza delle femministe e dei parenti. Oggi tutta l'Italia si deve schierare dalla parte delle donne, dalla parte di Sanaa. Oggi, ribadiamo una volta di più in quel tribunale che siamo tutte Sanaa”. Domani nell'edizione in edicola di Libero il commento di Maria Giovanna Maglie.