Omicidio Padovese, Franceschini: "Noi cerchiamo la verità
Secondo il presule lo scopo dell'omicidio è l'allontanamento e la destabilizzazione della Turchia dall'Europa
La Chiesa turca non crede che l'omicidio di Padovese, il vescovo italiano e vicario apostolico dell'Anatolia assassinato a coltellate dal suo autista, sia a sfondo sessuale. Non crede neanche alla “bugia” della malattia mentale di di Murat Altun. L'assassinio è avvenuto seguendo un rituale islamico ed è stato fatto con precisione. Il killer è stato istruito per bene e i mandanti devono avere come scopo la destabilizzazione del Paese e l'allontanamento della Turchia dall'Europa. Sono queste le affermazioni dell'arcivescovo di Smirne, monsignor Ruggero Franceschini che è stato il predecessore di Padovese, in un'intervista ad AsiaNews, circa l'omicidio. Vogliamo la verità - «Sull'uccisione di monsgnor Padovese quello che noi cerchiamo - spiega Franceschini - è anzitutto la verità. Il giorno prima del funerale sono giunti a Iskenderun il ministro della giustizia insieme al giudice delegato al processo per questo assassinio. Il giudice non ha detto una parola. Hanno chiesto di vedermi in una saletta riservata e lì ho detto loro: "Noi vogliamo tutta la verità, ma solo la verità. Non vogliamo altre menzogne: che erano in tanti, che erano in pochi, che era un delitto passionale. Non dobbiamo nascondere nulla"». Piste sbagliate - Anche la pista sessuale, evocata da Murat, è per Franceschini una pista che serve a confondere come "la solita e frettolosa pia bugia che Murat era malato di mente e un fanatico. Non era nè l'uno, nè l'altro. Giorni prima ha cercato di farsi passare per pazzo, ma i medici gli han detto di non farsi vedere più perchè lui è sano di mente. Immagino che abbia avuto dei buoni avvocati come consiglieri per preparare questi alibi e far sì che se condannato, potrebbe cavarsela solo con una condanna di qualche anno". Omicidio serve a manipolare - Per monsignor Franceschini questo assassinio ha una forte connotazione islamica, forse di gruppi nostalgici, forse anarchici, che vogliono destabilizzare lo stesso governo: «La stessa modalità con cui è avvenuta l'uccisione serve a manipolare l'opinione pubblica. Dopo avere ucciso il vescovo, il giovane Murat Altun ha gridato “Ho ucciso il grande satana”. Ma questo è davvero strano. Murat non aveva mai detto queste frasi violente». Il presule sottolinea che è stato lui ad assumerlo per la Chiesa e che lo conosceva da almeno 10 anni. L'uomo non era un musulmano praticante: «Era un giovane che aveva una cultura cristiana, senza essere cristiano. Né lui, né suo padre erano delle persone nostre nemiche». L'arcivescovo confida: «A mio avviso sono stati uno strumento nelle mani di altri. L'uso del rituale islamico serve per deviare le interpretazioni: è come suggerire che la pista è religiosa e non politica. Inoltre, spingendo all'interpretazione religiosa, di un conflitto fra islam e cristiani, si riesce a infiammare l'opinione pubblica in un ambito in cui noi siamo debolmente creduti e non abbiamo alcuna forza. Del resto, anche il primo ministro Erdogan, ha gli appoggi più forti non nell'islam radicale, ma in quello moderato. E temo che ormai non abbia più nemmeno quello. Di certo - conclude - nel movente di questo assassinio, così ben studiato, c'è il desiderio di qualche settore della società turca che non vuole entrare a far parte dell'Europa, e non vuole nessuna novità».