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Magistrati si ribellano alla manovra

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I tagli agli stipendi punitivi e anticostituzionali. Si valuta forma di protesta

Michela Ravalico
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Tra i dipendenti pubblici, i primi a protestare contro i tagli in manovra sono i magistrati. Attraverso una nota dell'Anm, associazione nazionale magistrati, i giudici denunciano i rischi derivanti dalla manovra appena approvata dal governo. Un testo di legge che "mina l'indipendenza della magistratura". E infatti l'Anm proclama lo stato di agitazione e "si riserva di proporre immediate iniziative di protesta" contro "misure inaccettabili per i magistrati e per il funzionamento del sistema giudiziario". La decisione sarà presa sabato. Al centro della polemica, il blocco degli stipendi. "Le retribuzioni dei magistrati - spiega l'Anm in una nota - vengono colpite tre volte: con il blocco dei meccanismi di progressione economica, con il blocco dell'adeguamento alla dinamica dei contratti pubblici e, addirittura, con un prelievo forzoso sugli stipendi. Sono interventi incostituzionali e palesemente punitivi nei confronti dei magistrati".  Spiega ancora l'Anm "la progressione economica dei magistrati non è un automatismo, ma è vincolata a periodiche valutazioni di professionalità e l'adeguamento triennale rappresenta soltanto una modalità di allineamento, per giunta ex post, della retribuzione dei magistrati alla media degli aumenti già conseguiti dal personale pubblico contrattualizzato, peraltro con l'esclusione dal calcolo di significative voci retributive dei dirigenti pubblici (che sono quelle, sia detto per inciso, che hanno maggiormente determinato l'aumento della spesa del settore negli ultimi anni)".

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