Giamaica nel sangue, oltre 60 morti. Quasi tutti civili, e c'è pure un bambino
Guerriglia a Kingston tra narcotrafficanti e polizia. Colpa della richiesta di estradizione del signore della droga Dudus Coke
Non è bastato il coprifuoco e la dichiarazione dello stato di emergenza nella capitale Kingston. La Giamaica è ormai da 24 ore messa a ferro e fuoco dalle gang dei narcotrafficanti, i quali hanno dato vita a una violentissima guerriglia di strada contro la richiesta di estradizione negli Stati Uniti d'America di Christopher "Dudus" Coke, un "signore della droga" accusato di essere il capo della più importante banda dedita al traffico di stupefacenti, la Shower Posse Gang, che ha ramificazioni negli Usa. (Guarda il video). Sale il bilancio dei morti. Dopo il commissariato dato alle fiamme e i due agenti uccisi durante sparatorie di strada nella giornata di lunedì, infatti, nuovi scontri hanno provocato la morte di una sessantina di persone, per la maggior parte civili A queste si aggiungono decine di feriti. L'ondata di violenza non si placa, nonostante gli oltre 200 arresti perfezionati dalle forze di sicurezza giamaicane. "Una cinquantina" di cadaveri sono stati portati con due autocarri all'obitorio dell'Ospedale pubblico di Kingston. Un giornalista dell'Afp ha constatato la presenza dei corpi di 12 civili, fra cui un bambino, in un terzo autocarro arrivato all'obitorio da Mountain View, un altra zona della città. La fase più cruenta degli scontri in nottata, quando la polizia, in collaborazione con l'esercito, ha assaltato la roccaforte del "padrino", alla periferia della capitale. Almeno tre persone sono morte nel blitz. Per le strade della capitale le bande hanno poi eretto barricate, sfoggiando un vero e proprio arsenale di armi da fuoco. Coke, 41 anni, è il più potente boss giamaicano del narcotraffico, presente con la sua organizzazione anche in Canada, Stati Uniti e Gran Bretagna. Padrone di Tivoli Gardens, nella parte occidentale di Kingston, è legato al Jamaica Labour Party (Jlp), partito al potere. Ma per difenderlo sono scesi in strada anche le 'possè legate al Peoples National Party (Pnp), partito all'opposizione.