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Falcone non può risorgere. E allora avanti con altre bugie

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Nuovi revisionismi all'orizzonte: vogliono riscrivere (e male) la storia

Eleonora Crisafulli
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Nuovi revisionismi all'orizzonte: il cronista Attilio Bolzoni di Repubblica ha scritto una lunga inchiesta secondo la quale «È tutta da riscrivere la storia delle stragi siciliane... Vent'anni dopo è stata capovolta tutta la dinamica del fallito attentato dell'Addaura. Ci sono testimonianze che rivelano un'altra verità e che irrobustiscono sempre di più l'ipotesi di un mandante di Stato». Di che stiamo parlando? Appunto del fallito attentato a Giovanni Falcone alla spiaggia dell'Addaura, uno scoglio dietro Palermo. Era il 20 luglio 1989 e il magistrato siciliano si trovava nella sua casa al mare in compagnia dei colleghi svizzeri Carla Del Ponte e Claudio Lehman, impegnati in un'inchiesta sul narcotraffico. Verso mezzogiorno tuttavia fu trovata dalla scorta, in spiaggia, una borsa contenente 58 candelotti di esplosivo.   Ora: ci sarebbe da sbattere la testa nel ricostruire tutta la fumosissima trama intrecciata da Bolzoni: saltiamo direttamente alle sue conclusioni. «Sul fallito attentato dell'Addaura», ha scritto, sta affiorando un contesto sempre più spaventoso: un pezzo di Stato voleva Falcone morto e un altro pezzo di Stato lo voleva vivo... ci sono i servizi sospettati di aver trattato con la mafia e ci sono i servizi sospettati di avere avuto un ruolo attivo negli attentati. Se non si scopriranno queste trame, non sapremo mai chi davvero ha ucciso Falcone e Borsellino e perché. C'è puzza di spie in ogni massacro siciliano».  Domandona finale: «Perché le indagini sull'attentato al giudice sono partite con vent'anni di ritardo? E chi ha ucciso tutti i testimoni dell'Addaura?». Parentesi: nei giorni scorsi, dopo l'inchiesta di Bolzoni, è intervenuto un redivivo Walter Veltroni: e subito ha chiesto al presidente dell'Antimafia, Giuseppe Pisanu, di occuparsi della faccenda. Pisanu ha risposto che sentirà i vari capigruppo e che ha già concordato con il presidente del Copasir, Massimo D'Alema, «gli aspetti della vicenda che possano riguardare i servizi segreti». Quali? Nell'attesa, si potrebbe ricordare a tutti - a Bolzoni e a Veltroni in particolare - due o trecento cose. Primo: un processo per i fatti dell'Addaura c'è già stato eccome. Dopo il primo e secondo grado, il 19 ottobre 2004, si è espressa chiaramente anche la Cassazione: 89 pagine che hanno confermato condanne a 26 anni per Totò Riina, Salvatore Biondino e Antonino Madonia; 9 anni e 4 mesi per Francesco Onorato e 2 anni e mezzo per Giovanni Battista Ferrante. La Cassazione ha detto chiaramente che i servizi segreti non c'entrano niente perché la responsabilità fu di Cosa Nostra, e -  come già era accaduto in primo e secondo grado - la sentenza ricostruisce l'attentato minuziosamente.  Non che la Cassazione sia la verità rivelata, ma in attesa di nuovi fatti concreti - si fatica a intravvederne, nell'articolo di Bolzoni - ogni discussione dovrebbe ripartire da qui: e invece Repubblica fa finta di niente. Non si citano neppure le pagine della Cassazione che mettono nero su bianco quello che viene definito «l'infame linciaggio» di Giovanni Falcone, che in buona sostanza in quel 1989 fu accusato di essersi piazzato una bomba da solo. Fu il comunista  Gerardo Chiaromonte, defunto presidente della Commissione Antimafia, a scrivere che «i seguaci di Leoluca Orlando sostennero che era stato lo stesso Falcone a organizzare il tutto per farsi pubblicità». Ma la sentenza della Cassazione fa altri nomi: giudici Domenico Sica, Francesco Misiani e il colonnello dei carabinieri Mario Mori, futuro capo del Sisde: chi più e chi meno, misero tutti in dubbio un fallito attentato che troppi cercarono di derubricare ad avvertimento. L'aspetto paradossale di quella sentenza, ora come dimenticata, è che Bolzoni vi è pure citato: anche attraverso le sue deposizioni, oltre a quelle di molti altri, «sono emersi con drammatica evidenza», si legge, «i perversi giochi di potere realizzati contro le legittime aspettative di Giovanni Falcone prima e dopo l'attentato dell'Addaura». Un disegno che, «ipotizzando la non funzionalità dell'ordigno», dava benzina alla difesa del boss Madonia che cercava di sostenere l'estraneità della mafia e di colpevolizzare i soliti servizi segreti. Ora c'è qualcuno, in Sicilia, che ci sta riprovando. Tutte le sentenze già emesse non servono più, scrive Bolzoni  «Le inchieste (attuali, ndr) sono partite con quasi vent'anni di ritardo per disattenzioni investigative e deviazioni, un depistaggio che ha voluto Totò Riina e i suoi Corleonesi come unici protagonisti del terrore...». E invece no, è il sottinteso. C'entrano altri. La fantasmagorica «trattativa» tra Stato e mafia sta per essere arricchita di un nuovo e non meno fantasmagorico gioco a incastro.

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