Verdini resiste
"Non mi dimetto. Silvio sta con me"
«Ho parlato con Berlusconi, vengo proprio ora da Palazzo Grazioli. Mi ha dato totale e assoluto sostegno da parte del governo, del partito e della maggioranza. Mi ha detto: stai tranquillo, vai avanti, non hai nulla di cui preoccuparti». Denis Verdini arriva a Montecitorio verso le sei del pomeriggio per il voto di fiducia sugli incentivi. Con la notizia della sua iscrizione nel registro degli indagati per corruzione, è il personaggio del giorno. I cronisti lo assediano, mentre tanti colleghi parlamentari vanno a stringergli la mano, ad abbracciarlo (Chiara Moroni), a esprimergli solidarietà. «Vedo che non sei ancora morto...», scherza Giulio Tremonti. Lui sorride a tutti, ripete le proprie ragioni, sembra tranquillo e sicuro di sè. Un'immagine completamente diversa da quella offerta nei giorni scorsi da Claudio Scajola, cui la sofferenza scavava il viso. Ma la differenza è anche nel diverso trattamento ricevuto dal Cavaliere che, se con Scajola si è mostrato freddo, con Verdini è disposto a fare quadrato, convinto che «toccare Denis è come toccare il partito, e quindi me». «Da questo punto di vista Berlusconi è il miglior alleato, perché sono vent'anni che lo massacrano. Vengo proprio da Palazzo Grazioli, ci vado talmente tante volte che ormai sembro il cameriere del premier», dice Verdini. Che non pensa nemmeno lontanamente ad andarsene. «Non ho l'abitudine e la mentalità per dimettermi. E poi cosa dovrei lasciare? Non ho incarichi di governo, ma solo responsabilità politiche nel partito», afferma. Sulla vicenda, poi, spiega di non conoscere Anemone, anzi «di non averlo mai visto». Nella nota diffusa nel primo pomeriggio il coordinatore del PdL ribadisce «la totale estraneità ai fatti di fronte a notizie che cercano di infangare la mia reputazione» e si dice disponibile a «fornire chiarimenti quanto prima nelle sedi opportune». Poi, davanti a colleghi e cronisti, punta il dito contro «la sistematica violazione del segreto istruttorio, ormai diventata una vera follia». E aggiunge: «Vengo descritto come un boss che tiene insieme i burattinai, suvvia non scherziamo. I giudici hanno il più grande potere del mondo, ma devono saperlo usare, non si può sputtanare la gente così. Possibile che il segreto istruttorio sia scientificamente violato? Non mi piace parlare di complotti, ma qualche dubbio mi viene. Non vogliamo mica credere alla balla dell'obbligatorietà dell'azione penale?». Poi, senza abbandonare il sorriso, se la prende coi cronisti. «Certo voi fate la vostra parte, se volete mettiamo una gogna qui alla Camera, così a turno noi politici ci mettiamo dentro la testa...». (Gianluca Roselli)