Usa: l'attentato, forse, vede il coinvolgimento dei Talebani
La Casa Bianca ha aperto un'inchiesta sulla compagnia aerea Emirates
Dopo l'arresto di Faisal Shahzad, il 30enne pakistano appena diventato cittadino americano che ha confessato di essere stato addestrato in Pakistan, l'inchiesta sul fallito attentato a Times Square della scorsa settimana si concentra ora sulla pista più inquientante: il possibile coinvolgimento diretto dei Talebani in un attacco condotto nel cuore degli Stati Uniti. È quanto riporta oggi il Washington Post citando le fonti inquirenti e gli atti dell'incriminazione di Shahzad. Ed è proprio quanto confessato dal 30enne, figlio di un ex alto ufficiale dell'aeronautica pakistana ora ritiratosi in pensione nella natia Peshawar, insieme alle prove delle diverse telefonate ricevute dal Pakistan dopo l'acquisto del Suv, avvenuto via web e utilizzato poi come autobomba, a spingere le autorità a considerare la pista dei Talebani paikistani la principale ipotesi. Secondo gli inquirenti ci sono poche organizzazioni che possono dare addestramento in Pakistan e i Talebani sono una di quelle. Così gli investigatori, che in un primo momento avevano mostrato scetticismo verso la rivendicazione arrivata dai Talebani dopo il fallito attentato di sabato scorso, stanno rivedendo la loro posizione. E da qui a un possibile coinvolgimento di Al Qaeda il passo è davvero breve. Finora sia l'intelligence americana sia quella pakistana sono state convinte che i Talebani non avessero la capacità, ed in fondo neanche l'interesse, per portare a termine attacchi fuori dalla loro regione, l'AfPak, tenendosi quindi lontanti dalla jihad globale modello Al Qaeda. Ma, secondo le ultime indagini, ultimamente i legami del gruppo con Al Qaeda ed altri gruppi stranieri si sono rafforzati e così le ambizioni dei talebani. Proprio come testimonia il video del leader talebano Hakimullah Mehsud, apparso sulla rete proprio nei giorni precedenti all'attacco a New York, in cui si minacciavano attacchi suicidi in più città americane. L'evoluzione è poi destinata a riaccendere la polemica negli Stati Uniti sul modo in cui l'amministrazione Obama ha scelto di gestire i casi dei sospetti terroristi catturati. Prima Omar Farouk Abdulmutallab, il nigeriano che la scorsa vigilia di Natale ha tentato di far esplodere un aereo partito da Amsterdam in atterraggio a Detroit, ed ora Shahzad. I repubblicani contestano il fatto che i casi siano affidati alla magistratura ordinaria, non a quella militare, che prevede quindi anche la famosa "Miranda", cioè il riconoscimento del diritto di rimanere in silenzio per non incriminarsi. L'amministrazione Obama ha replicato che Shahzad, a differenza di Abdulmutallabn, ha continuato a rispondere e collaborare anche dopo la lettura dei diritti, ricordando poi che è un cittadino americano. Nel frattempo la Casa Bianca ha annunciato che sarà aperta un'inchiesta per stabilire se la compagnia aerea Emirates abbia commesso un errore consentendo a Faisal Shahzad di imbarcarsi per Dubai malgrado il suo nome fosse stato inserito, da poche ore, nella no-fly list. Se il volo non fosse stato bloccato mentre l'aereo stava rullando sulla pista del Jfk di New York, l'uomo sarebbe riuscito a scappare.