Thailandia, governo oscura tv delle Camicie rosse /Guarda il video
A disposizione autobus: "Tornate a casa senza conseguenze"
La situazione di oggi - Le autorità tailandesi hanno neutralizzato oggi il canale televisivo satellitare delle Camicie rosse, i manifestanti che reclamano le dimissioni per primo ministro Abhisit Vejjajiva. «Siamo riusciti a bloccare il “Canale del popolo”», ha dichiarato il ministro Satit Wonghnongtaey, stretto collaboratore del premier, sottolineando come la decisione di oscurare l'emittente dei manifestanti anti-governativi, che dal 12 marzo protestano in piazza per chiedere le dimissioni del premier Abhisit Vejjajiva, consentirà di metter fine alla disinformazione mirata a incitare la violazione della legge. Il primo ministro tailandese Abhisit Vejjajiva ha cancellato il suo viaggio in Vietnam previsto oggi per il summit dei leader del Sudest asiatico. Con il Paese in stato d'emergenza per, il premier «assolutamente non partirà oggi. Vista la situazione attuale - spiega Issara Sunthornwat dell'ufficio del primo ministro -, crede sia meglio rimanere qui». Il governo del premier thailandese Abhisit Vejjajiva ha chiuso questa mattina anche l'emittente tv “People Channel”, e diversi siti che sostengono le camicie rosse. Immediata la reazione dei leader della protesta che hanno invitato i loro sostenitori ad occupare le sedi dei municipi per protestare contro la chiusura: «Quegli schermi vuoti saranno la fine del governo», ha minacciato uno dei leader dell'UDD, Jatuporn Pronpan. Il governo thailandese comunque intende mettere a disposizione diversi autobus per invitare le Camicie rosse a tornare a casa, senza che vengano presi provvedimenti legali, anche se i sostenitori del premier Thaksin Shinawatra, deposto nel 2006, non sembrano inclini ad accettare l'invito ad andarsene e minacciano ritorsioni contro la chiusura della loro emittente e di alcuni siti internet, decisa questa mattina. La Ratchaprasong Intersection, l'incrocio nel centro di Bangkok occupato da sabato dai manifestanti, rimane presidiata da decine di migliaia di manifestanti, mentre l'iniziale campo base della protesta, nella parte storica della capitale è difeso solo da poche centinaia di Camicie rosse. Il governo thailandese dichiara lo stato d'emergenza dopo quasi un mese di proteste in piazza delle camicie rosse dell'Udd, che chiedono le dimissioni del governo e lo scioglimento delle camere entro il 12 aprile. I manifestanti che da metà marzo hanno organizzato manifestazioni nella capitale sono entrati nel cortile del Parlamento, costringendo i deputati alla fuga in elicottero. A causa delle proteste, il primo ministro ha annunciato la cancellazione del viaggio a Washington per partecipare conferenza sulla sicurezza nucleare della prossima settimana. GUARDA IL VIDEO E LA FOTO GALLERY Nell'annunciare in tv lo stato di emergenza a Bangkok, e in altre quattro provincie confinanti con l'area della capitale, il primo ministro thailandese ha spiegato che sarà il suo vice Suthep Thuagsuban a guidare il comitato di crisi appositamente costituito. Il premier ha elencato i quattro motivi che l'hanno spinto in questa direzione: ripristinare la normalità; fermare la diffusione di informazioni distorte che hanno comportato una spaccatura nella società civile; perseguire legalmente i leader delle Camicie rosse; infine bloccare crimini e violenze. Intanto, l'ambasciata italiana a Bangkok rinnova l'invito a prestare la massima cautela, evitando le principali zone di assembramento delle Camicie rosse, in particolare la parte storica della capitale e la Ratchaprasong Intersection nella zona dello shopping, per la possibilità di scontri tra manifestanti e forze dell'ordine. In ogni caso, al momento, non è segnalato alcun pericolo per nostri connazionali. Nello specifico, lo stato di emergenza vieta gli assembramenti in pubblico di più di cinque persone e il controllo della sicurezza è affidato ai militari. Poco dopo la dichiarazione dello stato di emergenza da parte del primo ministro Abhisit Vejjajiva, uno dei leader dell'UDD, Veera Mooksikapong, ha messo in dubbio la fedeltà dell'esercito nei confronti del governo: «Credo che i soldati non gradiranno i suoi ordini». «Non abbiamo paura», gli ha fatto eco un altro leader delle camicie rosse, Weng Tojirakarn, che ha aggiunto: «Rimaniamo fermi nella nostra protesta non violenta». Sembrerebbe comunque che sia l'esercito che la polizia non abbiano intenzione di disperdere i manifestanti con la forza, almeno finché la protesta si mantiene su binari “pacifici”. Caos a Bankok. Centinaia di Camicie rosse thailandesi sono riuscite a superare la vigilanza e ad entrare nel cortile del Parlamento di Bangkok poco dopo mezzogiorno, ora locale, seguendo uno dei loro leader, Arisman Pongruangrong, che pretetende di parlare con il vicepremier Suthep Thuagsuban. Diversi manifestanti invece sono tornati indietro, seguendo le indicazioni di un altro leader della protesta, Jatuporn Promphan, che ha ordinato loro di non entrare nel palazzo. Le Camicie rosse comunque hanno fatto una breve irruzione nel cortile del parlamento thailandese. Diverse centinaia sono entrati nel cortile della Camera bassa superando un cordone di polizia. I manifestanti, che dal 14 marzo scorso sono in piazza per chiedere le dimissioni del premier Abhisit Vejjajiva, chiedendo il ritorno dell'ex primo ministro Thaksin Shinawatra, non hanno cercato di entrare nella sede del parlamento. I manifestanti dell'United Front for Democracy against Dictatorship (UDD) hanno accettato di ritirarsi dal cortile del parlamento thailandese verso le 13, ora locale, mentre continua la protesta fuori dal recinto della sede istituzionale. Il colonnello Apiwan Wiriyachai, primo vice presidente del Parlamento, ha chiesto all'UDD di inviare venti suoi rappresentanti nel Parlamento per incontrare Suthep. Secondo alcuni media locali, però, alcuni deputati sarebbero stati fatti evacuare in elicottero e, tra loro, ci sarebbero anche il vice premier Suthep Thuagsuban, il ministro incaricato dell'ufficio del premier Satit Wongnongtaey e il portavoce del governo Panitan Wattanayagorn. Il dibattito parlamentare in corso era stato interrotto un'ora e mezza prima dell'irruzione, quando 5.000 manifestanti avevano circondato la sede dell'assemblea legislativa. In quella fase la maggior parte dei politici aveva lasciato l'edificio.