Dialogo aperto tra Cina e Stati Uniti
Obama e Hu Jintao al telefono per un'ora. Il presidente cinese parteciperà al vertice sulla sicurezza nucleare del 12 aprile
Cina e Stati Uniti tentano un riavvicinamento. Da una parte e dall'altra si cerca il dialogo: prima l'annuncio della partecipazione di Hu Jintao al vertice sulla sicurezza nucleare del 12 aprile Washington, poi la telefonata di Barack Obama al presidente cinese. Argomento della discussione il programma iraniano. La questione nucleare - Da fonti ufficiali risulta che Hu Jintao ha espresso «la sua opposizione alla proliferazione ed al terrorismo nucleare ed ha dato il suo sostegno agli sforzi per rafforzare la cooperazione sulla sicurezza nucleare». Nel comunicato della Casa Bianca, pur senza nessun riferimento diretto alla questione delle sanzioni a Teheran, si afferma che Obama da parte sua ha «sottolineato l'importanza che si lavori insieme per assicurare che l'Iran rispetti i propri obblighi internazionali». Nonostante un ulteriore annuncio cinese sulla disponibilità a varare nuove sanzioni contro l'Iran, nessun impegno chiaro è stato preso con il negoziatore iraniano per il nucleare, Saeed Jailili, giunto ieri a Pechino. Rapporti bilaterali - Tra i temi affrontati, in primo piano anche il desiderio di rapporti bilaterali più solidi tra i due Paesi. A tal proposito Hu avrebbe ribadito quanto siano delicate le questioni di Taiwan e del Tibet e quanto «una corretta gestione di tali questioni, che investono la sovranità e l'integrità territoriale della Cina, sia cruciale per le relazioni sinoamericane». La politica monetaria - Nessun riferimento invece a un altro motivo di attrito: la richiesta americana di rivedere e alzare il tasso di cambio dello yuan. Obama, infatti, dopo essere stato accusato di protezionismo, avrebbe deciso di mettere da parte la questione per il momento. Si deciderà in seguito quindi se inserire la Cina nel rapporto semestrale del dipartimento del Tesoro sugli stati che manipolano la propria valuta. Inutile farsi troppe illusioni, le maniere forti sono state solo accantonate: al Congresso è stata già presentata una proposta di legge in cui si chiedono sanzioni commerciali contro Pechino e la sua politica monetaria, considerata la principale responsabile della perdita dei posti di lavoro negli Usa.