Quattro anni fa è stato ucciso Tommy
La mamma Paola Pellinghelli lo ricorda
Sono già passati quattro anni dalla morte del piccolo Tommy, ucciso la sera del 2 marzo 2006, dopo essere stato rapito dalla casa in cui viveva con i genitori, vicino Parma. «Tommy vive nei sorrisi dei bambini che aiuto con l'associazione che porta il suo nome». Lo ricorda così la mamma Paola Pellinghelli. Il 4 novembre scorso la Corte d'Appello di Bologna ha confermato l'ergastolo per il muratore siciliano Mario Alessi e i 30 anni di reclusione per la sua compagna Antonella Conserva, mentre Salvatore Raimondi, scegliendo il rito abbreviato, era stato condannato in primo e secondo grado a vent'anni per il rapimento, con la morte non voluta dell'ostaggio. Nella sentenza di secondo grado si legge: «Non è dato sapere la mano di chi si sia stretta alla gola del piccolo Tommaso, la mano di chi lo abbia colpito con un corpo contundente al capo e al volto». La mamma Paola cerca di aiutare altri bambini, con l'associazione “Tommy nel cuore”. Ne parla con la Gazzetta di Parma: «Non c'è giorno dell'anno in cui io non pensi a Tommy. Abbiamo inviato strumenti musicali alla scuola materna di Onna, tra i paesi più colpiti dal terremoto in Abruzzo; ora contiamo di mandare anche un personal computer. Occupandomi dei bimbi mi sembra di occuparmi di lui, che a settembre avrebbe compiuto sei anni e avrebbe cominciato ad andare a scuola. Ormai sarebbe quasi un “giovanotto” ». Il 28 marzo sarà celebrata una messa in ricordo del piccolo di 17 mesi, nella chiesa di Sant'Andrea in Antognano da padre Giacomo Spini: «Lui mi ha sposato, lui ha battezzato Tommy, lui mi è stato vicino in questi quattro anni. Non poteva farlo prima» e quindi la data è stata spostata a fine mese. Alla messa non sarà presente Paolo Onofri, il padre di Tommy, in stato vegetativo dopo l'infarto dell'11 agosto di due anni fa: «A volte sembra esserci qualche segnale positivo - dice Paola - Penso che nemmeno i medici sappiano con certezza se sia cosciente o no». Attualmente è assistito in un letto di un centro specializzato, senza poter parlare o comunicare.