Violenza a Milano. Formigoni: riaccompagnarli a casa. Moratti: ho chiesto uomini
Nel quartiere più multietnico della città la calma è ancora lontana dall'essere ristabilita
A 48 ore dalla rivolta della comunità nordafricana di via Padova, a Milano, il quartiere più "multietnico" della città, dove sabato pomeriggio è stato assassinato un giovane egiziano, è ancora sotto i riflettori. “No, non vedo il rischio banlieue in via Padova”, afferma il ministro Roberto Maroni. Lo scoppio di rabbia e violenza di sabato sera nel quartiere multietnico di Milano forse non era evitabile e nemmeno prevedibile. Però rimane l'allarme sociale e la paura che si poossa ripetere. E la politica è in dibattito: l'opposizione accusa l'inerzia del centrodestra, il governo che attacca il buonismo della sinistra. E Maroni ribadisce: “In via Padova bisogna abbassare la febbre e non scatenare una guerra civile”. C'è chi chiede un blitz immediato, sgomberi, ruspe, e i più attivi sono i suoi compagni di partito della Lega, ma il ministro ha un altro piano: “In via Padova non siamo davanti a un campo nomadi abusivo. Non serve un'azione di forza, la parola rastrellamenti non la voglio sentire: qui c'è da gestire un problema sociale. Io faccio il ministro dell'Interno e voglio lasciare da parte le esasperazioni dettate a caldo”. Quella di via Padova, aggiunge il ministro, “non era una rivolta contro lo Stato” come avvenuto a Rosarno. Per questo, “non serve un'azione di forza, la parola rastrellamenti - sottolinea - non la voglio sentire: qui c'è da gestire un problema sociale”. Innanzitutto, per Maroni, “nel futuro dobbiamo evitare le concentrazioni etniche in un solo quartiere”. Poi, aggiunge, “c'è un modello sociale che non funziona, che va ricostruito”. “Dobbiamo inventarlo – spiega Maroni- definire le condizioni per cui un extracomunitario regolare possa integrarsi davvero”. Al segretario del partito democratico Pier Luigi Bersani, che ha accusato il centrodestra di aver fallito nella politica sull'immigrazione, Maroni replica: “Sarebbe facile rispondere che nel 2008 gli sbarchi a Lampedusa erano 7mila e nel 2009 li abbiamo ridotti a 3mila. Ma vorrei evitare il rimpallo delle colpe. Una classe politica - conclude - non deve usare miseramente questi temi per una campagna elettorale”. Cerchiamo di essere seri, non buttiamo queste cose in polemica elettorale. Su questo -aggiunge Formigoni- la polemica è inaccettabile Formigoni: a casa- "La legge è chiara bisogna riaccompagnare i clandestini nei loro luoghi d'origine e così faremo". A dirlo è il presidente della Regione Lombardia Roberto Formigoni. Il presidente della Lombardia definisce poi "una barzelletta" la richiesta dell'opposizione delle dimissioni del vicesindaco di Milano Riccado De Corato che ha la delega alla sicurezza. "Cerchiamo di essere seri, non buttiamo queste cose in polemica elettorale. Su questo -aggiunge Formigoni- la polemica è inaccettabile". "Le forze dell'ordine hanno fermato alcuni responsabili, mi auguro che i processi si svolgano in termini molto brevi e si concludano con pene severe e con l'espulsione -continua Formigoni- delle persone responsabili di queste violenze. È stata ammazzata una persona e poi è scoppiata la violenza. La situazione però è stata immediatamente messa sotto controllo da parte delle forze dell'ordine che sono intervenute subito". Moratti: più uomini- «Ho chiamato personalmente il presidente Berlusconi e gli ho chiesto quanto avevamo già concordato, cioè un significativo rinforzo di uomini delle forze dell'ordine per Milano. E Maroni mi ha garantito che un primo contingente di polizia arriverà fin dai prossimi giorni». A dirlo è Letizia Moratti, sindaco di Milano, intervenuta questa mattina a «La telefonata», la rubrica di Maurizio Belpietro. Quanto alla possibilità di bloccare l' acquisto di case da parte degli stranieri in zone come via Padova, dove ci sono già moltissime comunità in contrasto tra di loro, e come richiesto da vari consiglieri comunali, Moratti risponde che «noi viviamo in una società che si fonda sul libero mercato. Lei ha citato il tema delle case, io potrei citare anche quello dei negozi. Del resto, esiste una legge fatta dall'allora ministro Bersani che ha liberalizzato l'acquisto dei negozi, e quindi non è possibile intervenire bloccando l'apertura di un esercizio». L'egiziano scampato all' aggressione, il principale testimone, si troverebbe nel Cie di via Corelli per essere protetto. Intanto polizia e carabinieri hanno comunicato di aver fermato i primi quattro presunti responsabili dei molti atti di vandalismo L'egiziano ucciso a Milano- La polizia cerca di individuare i responsabili del delitto, che dovrebbero essere cinque o sei giovani sudamericani, già noti come facenti parte di una gang chiamata “Chicago”, nata da una costola dei più noti Latin King, che si riunisce nel vicino Parco Trotter e in un palazzo nella stessa via dove abitava la vittima, Abdel Aziz El Sayed, imbianchino di 19 anni, regolare ma in attesa da quasi un anno del rinnovo del permesso di soggiorno. Alla base della lite poi degenerata nel delitto, secondo testimonianze, confermate anche da alcune dichiarazioni rilasciate in Prefettura ma non dagli investigatori, ci sarebbero degli apprezzamenti fatti alla fidanzata dell'ucciso, una giovane italiana. Mentre l'egiziano scampato all' aggressione, il principale testimone, si troverebbe nel Cie di via Corelli per essere protetto. Intanto polizia e carabinieri hanno comunicato di aver fermato i primi quattro presunti responsabili dei molti atti di vandalismo. Nel corso dei tafferugli sono state ribaltate 9 auto, 17 quelle danneggiate, e 5 negozi latino-americani hanno subito atti di vandalismo. Gli stranieri accompagnati in Questura dopo che la situazione era tornata alla normalità sono stati 37, tutti egiziani tranne un ivoriano. Ventitrè di essi sono risultati regolari sul territorio italiano e dei rimanenti, irregolari, quattro sono stati fermati con l'accusa di “devastazione e saccheggio”. Si tratta di quattro egiziani, due di 27 anni, uno di 19 e uno di 32. I fermi, che adesso dovranno essere convalidati, sono stati eseguiti da Digos e Nucleo informativo dei Carabinieri, mentre le indagini sull' omicidio sono condotte dalla Squadra Mobile che ha una notevole esperienza in gang di latinos. Da più parti si è gridato al “quartiere polveriera multietnica” anche se gli investigatori non concordano su queste valutazioni allarmistiche. Il Nucleo informativo, ad esempio, valuta l'accaduto più come una reazione emotiva e sottolinea che dei 2-300 magrebini che hanno animato la protesta, i più facinorosi erano solo una ventina. Ma la reazione delle forze dell'ordine schierate, per molti abitanti, è parsa tardiva. “Questi spaccavano tutto e loro rimanevano fermi”, urla un negoziante straniero. E le polemiche non sono tardate ad arrivare, con il sindaco Letizia Moratti che ha promesso più uomini e i sindacati di polizia che fanno notare che “queste promesse si succedono ogni volta che accade qualcosa ma che le risorse sono state tagliate”. Domenica pomeriggio anche il vice sindaco, Riccardo De Corato, è stato contestato da alcuni italiani durante un sopralluogo. “Hanno riempito di telecamere la città - dice un pasticcere - ma qui ce ne sono meno che in tutte le altre parti. Ma non era un quartiere a rischio? E i controlli nei negozi chi li deve fare?”. “Ci hanno mandato i soldati - ha detto un anziano - che non sanno nemmeno cosa fare”. “In pochi anni sono arrivati decine di migliaia di stranieri - ha replicato il vice sindaco - con 44 mila clandestini. Numeri difficili da gestire, anche se Milano è ben lontana dall'essere Parigi”.