L'Islam vieta Facebook
Causa divorzi e rovina i giovani. Lanciata una fatwa
Facebook causa divorzi e travia i giovani. Così adesso, l'islam ha deciso di vietarlo. Ed è una vera e propria faatwa, quella lanciata contro il più popolare dei social network. Secondo quanto riporta il giornale "al-Quds al-Arabi", nella giornata di ieri l'ex presidente della commissione per le fatwa dell'università islamica di al-Azhar, lo sceicco Abdel Hamid al-Atrash, ha emanato un decreto religioso islamico che per la prima volta vieta ai musulmani l'uso del noto social network. Il religioso egiziano avrebbe emanato questa fatwa dopo aver appreso i dati emersi da uno studio diffuso nel paese arabo secondo cui il successo di Facebook va di pari passo con il numero dei divorzi tra le famiglie musulmane. «Già la precedente commissione islamica di al-Azhar da me presieduta aveva discusso del fatto che Facebook avesse causato un notevole aumento dei tradimenti tra le coppie egiziane - spiega al-Atrash -. Si tratta di uno strumento che distrugge la famiglia perché spinge il coniuge ad avere rapporti contrari alla Sharia con altre persone. Mentre uno dei due è impegnato al lavoro, l'altro chatta con un estraneo sprecando il proprio tempo libero e compiendo un'azione contraria alla legge islamica. Questo strumento mette in pericolo la famiglia nella società musulmana». Nei giorni scorsi un'equipe di sociologi egiziani ha dimostrato, studi alla mano, che almeno un caso di divorzio su cinque nel paese arabo è stato causato da Facebook o comunque da un tradimento iniziato su Internet. Per gli studiosi i social network aiutano i coniugi a tradirsi avendo rapporti con estranei non conformi alla Sharia. «Questo strumento tecnologico, come altri dello stesso tipo, tra cui i canali televisivi satellitari, sono un'arma a doppio taglio - conclude il religioso egiziano -. Se da un lato permettono la diffusione della religione islamica, dall'altro consentono alle persone di vivere l'amore in modo illecito e di avere rapporti interpersonali vietati dalla Sharia. Per cui chi entra in questi siti deve essere considerato un peccatore».