Avanti un altro pm
Chiusa l'indagine Mediatrade sui diritti tv, indagati Silvio Berlusconi e il figlio. Non più falso in bilancio o evasione fiscale, ma appropriazione indebita. Piersilvio: "Pretesto per colpire mio padre"
Il giorno dopo la chiusura dell'inchiesta Mediatrade, che vede per la prima volta indagato il figlio del premier, Piersilvio Berlusconi (vicepresidente Mediaset), il Pdl parla di nuovo episodio di accanimento giudiziario su Berlusconi, mentre il segretario del Pd, Pier Luigi Bersani, chiede che la giustizia possa accertare i fatti con serenità. Indagato assieme al padre e a Fedele Confalonieri, il vicepresidente Mediaset ha detto che si tratta di "accuse odiose" e che l'inchiesta sui diritti tv dimostra "la volontà di colpire mio padre con qualunque pretesto". Anche se Piersilvio Berlusconi confida nel fatto che "emergerà presto l'assoluta estraneità mia, di mio padre e del presidente Fedele Confalonieri". Sabato sera, dopo una giornata di polemiche, Piersilvio Berlusconi ha rilasciato alcune dichiarazioni alla stampa. Dice di aver appreso "con stupore ma con grande tranquillità la notizia dell'inserimento del mio nome nelle indagini sui diritti cinematografici. La tranquillità nasce dal fatto che so come lavoriamo, sia io personalmente sia tutta Mediaset. So quanto scrupolo Mediaset pone nel controllare i costi e quale sforzo è quotidianamente messo in atto per dare il massimo ai nostri tanti azionisti. Sono assolutamente sereno e confido nel fatto che emergerà presto l'assoluta estraneità mia, di mio padre e del presidente Fedele Confalonieri alle odiose accuse ipotizzate. E tutto questo è assolutamente evidente nei bilanci Mediaset. Per cui mi fa quasi sorridere che proprio io sia stato coinvolto in un'inchiesta in cui si parla di costi gonfiati, fondi neri e irregolarità fiscali. Sono assolutamente sereno e confido nel fatto che emergerà presto l'assoluta estraneità mia, di mio padre e del presidente Fedele Confalonieri alle odiose accuse ipotizzate. Per quanto mi riguarda è già accaduto una volta. Tuttavia questo non riduce l'amarezza di vedere di nuovo la volontà di colpire mio padre con qualunque pretesto. E la mia impressione è che anch'io, da ieri, sia stato inserito in questo meccanismo». Coro di voci sdegnate anche da tutta la platea del Pdl. Per il capogruppo dei senatori del Pdl, Maurizio Gasparri, "il solito avviso di garanzia a Berlusconi è uno schema veramente logoro". Il ministro della giustizia, Angelino Alfano, pur confessando di non conoscere gli atti del processo, ha assicurato che "Berlusconi da anni non si occupa delle proprie aziende, ma solo del Bene del Paese". Secondo Gianfranco Rotondi, ministro per l'Attuazione del programma, "la procura militante di Milano vuol trasformare il primo contribuente d'Italia in un evasore: vogliono sfregiargli l'altra guancia". Aggiunge il capogruppo Pdl alla Camera, Fabrizio Cicchitto «Come volevasi dimostrare. Se c'era qualcuno che ancora negava l'evidenza, e dubitava dell'esistenza di un nucleo giudiziario-politico-editoriale che fa dell'uso politico della giustizia la sua arma essenziale contro Berlusconi, purtroppo, ha avuto una risposta inconfutabile con l'iniziativa giudiziaria a pochi giorni dall'inizio della campagna elettorale". Per il Pd, invece, la posizione è diversa. "Voglio credere che la giustizia sarà in condizioni, come avverrebbe per ogni altro cittadino, di accertare la verità su fatti così gravi" ha affermato Pierluigi Bersani. Per Luigi De Magistris, dell'Idv, «Ha ragione il ministro Alfano: la riforma della giustizia non sarà indolore. Distruggere infatti il sistema giudiziario, come sta cercando di fare il centrodestra, non potrà che comportare la sofferenza dei magistrati, delle forze dell'ordine e dei cittadini». (segue il pezzo di ) Franco Bechis C'è un nuovo Berlusconi nel mirino della procura di Milano. Grazie al pm Fabio De Pasquale, che ha chiuso l'indagine Mediatrade sui diritti tv, Pier Silvio Berlusconi potrà imparare dal padre anche un secondo mestiere, quello di imputato. Il primogenito del premier infatti è iscritto nel registro degli indagati per frode fiscale insieme al padre, a Fedele Confalonieri e una sfilza di altri personaggi ex manager o fornitori di Mediaset per cui a seconda dei casi è stata aggiunta anche l'ipotesi penale di appropriazione indebita e di riciclaggio. L'accusa non è proprio nuova di giornata. L'anticipò Repubblica a fine settembre, pochi giorni prima della decisione della Corte Costituzionale sul lodo Alfano. Venne scritto che un nuovo reato (appropriazione indebita) era stato scovato dai pm nel canovaccio giudiziario peraltro immutato, dando origine a una lunga serie di processi in parte conclusi con il non doversi procedere per intervenuta prescrizione, in parte bloccati dal lodo Alfano. Il quotidiano di Carlo De Benedetti raccontò con toni melodrammatici il tormento del povero pm De Pasquale: lui l'indagine l'aveva praticamente conclusa, ma che fare? Se avesse depositato la richiesta alla vigilia della sentenza sul lodo Alfano, sarebbe sembrata una pressione sulla Corte. L'avesse fatto all'indomani, qualcuno avrebbe interpretato la scelta come una vendetta su Berlusconi. Così sono passati quattro mesi, e la chiusura delle indagini è stata formalizzata ieri. L'unica cosa ignota perfino a Repubblica era la decisione del battesimo giudiziario per Pier Silvio. Questa notizia era stata ipotizzata a dire il vero proprio da Libero il 13 novembre scorso, in un articolo dove citando le ultime mosse dei pm e il dispositivo della sentenza di condanna di David Mills, si sosteneva che dopo Silvio la procura sembrava volere attaccare anche i figli. Il giorno successivo però è giunta in redazione una lettera di smentita dell'avvocato del premier, Niccolò Ghedini. Assai secca: «Le prospettazioni contenute nell'articolo di Libero non trovano alcun riscontro nella realtà. Marina e Pier Silvio Berlusconi sono già stati ritenuti ampiamente estranei a qualsiasi fattispecie penalmente rilevante». Ottimista l'avvocato, ma così sicuro e tranchant che anche noi ne dovemmo prendere atto. Si capisce come quella di ieri per lui sia divenuta doccia fredda se non ghiacciata. Tanto da tuonare: «Estendere l'incolpazione a Pier Silvio Berlusconi, colpevole evidentemente di essere figlio di Silvio, è sconnesso da qualsiasi logica e da qualsiasi realtà fattuale». Non essendoci molto di inedito nel nuovo procedimento, c'è una cosa che colpisce in quest'ultima offensiva giudiziaria nei confronti del premier e ormai della sua famiglia. Che accomuna il filone dei diritti tv al processo Mills: la procura non ha grandi novità fra le carte di indagine. Sostanzialmente sono le stesse per cui si sono già imbastiti e conclusi processi nel 2005 e nel 2006. Sulla base dello stesso canovaccio giudiziario (l'acquisto dei diritti tv attraverso Frank Agrama dagli Usa passando per numerosi paesi europei) con cui la preda (il cavaliere) è sfuggita ai suoi cacciatori (la procura di Milano) per intervenuta prescrizione si ipotizza un reato diverso non prescritto e si imbastisce un secondo processo con lo stesso menu. Non più falso in bilancio o evasione fiscale, ma appropriazione indebita. Così come nel processo Mills si è escogitata sulla stessa materia processuale la formula assai innovativa della corruzione successiva: uno corrompe un professionista, e quello si fa corrompere sulla base di una semplice promessa. E siccome il Cavaliere è uomo di parola, anni dopo la promessa viene onorata. Oramai quella fra i Berlusconi e i giudici di Milano è guerra senza esclusione di colpi. Il premier sfugge a un processo con una leggina? E i pm non buttano via nulla. Si tengono i faldoni e scovano un nuovo reato. Altro processo, altro scudo. All'infinito.