Fine del partito dell'amore
Processo breve, Fini attacca il governo: "Non detti l'agenda al Parlamento". Bersani: è un'amnistia. E l'Anm pone il veto
Sale la tensione al governo. Gianfranco Fini, nel corso di una seduta a Montecitorio, ha tuonato: "Non dobbiamo dimenticare che proprio il confronto parlamentare è in grado di dare piena legittimazione democratica alla decisione politica. Solo una visione mitologica della democrazia può infatti indurre a ritenere che la funzione di governo si traduca automaticamente in un'agenda legislativa predefinita a senso unico". Il governo non detti l'agenda al Parlamento. La legittimità a governare non è solo un dato che scaturisce dalle urne Aggiunge il presidente della Camera: "La legittimazione democratica a governare non è solo un dato iniziale che scaturisce dalle urne ma si raforza giorno dopo giorno nell'affrontare e nel risovere i problemi sempre nuovi ed inattesi che si presentano sul terreno concreto dei bisogni della collettività". Ancora: "Solo una visione mitologica della democrazia - sottolinea Fini aprendo i lavori della Tavola rotonda dedicata al ruolo del Parlamento e alla evoluzione degli strumenti legislativi - può infatti indurre a ritenere la funzione di governo si traduca automaticamente una volta conclusa la competizione elettorale in un'agenda legislativa predefinita e a senso unico in cui il potere esecutivo sopratutto con il ricorso all'uso distorto sotto vari profili della decretazione d'urgenza tende a limitare o peggio a soffocare il libero dibattito sulle grandi decisioni di politica pubblica". Dall'opposizione - Sul processo breve il Pd «si metterà di traverso con tutte le sue forze». Lo garantisce Pier Luigi Bersani. «Dopo le decisioni assunte ieri da governo e maggioranza - dice il segretario del Pd- stiamo entrando in un tunnel pericolosissimo. Noi, sulle scelte annunciate, ci metteremo di traverso». Il processo breve -prosegue Bersani- è un'amnistia per i colletti bianchi. Non si può per le esigenze di una persona mettere a repentaglio un sistema». E tutto questo è ancora più grave perchè compromette la possibilità di una discussione sulle riforme. «Al di là della propaganda, in questo Paese ci sarebbero le condizioni politiche per affrontare una modernizzazione del sistema perchè c'è un'opposizione pronta a discutere di riforme». Duro anche il commento dell'Associazione Nazionale Magistrati. Quel provvedimento rischia di mettere in ginocchio la già disastrata macchina giudiziaria, ha detto il presidente Luca Palamara. E non solo: «non dà giustizia alle vittime dei reati e garantisce l'impunità a chi ha commesso fatti delittuosi». E questo perchè «per come è combinata la macchina giudiziaria non potremo mai definire i processi nei tempi indicati dal legislatore». «Noi per primi - ha aggiunto Palamara - vogliamo una riforma seria della giustizia che, come ha detto il capo dello Stato, tenga conto degli interessi generali per un servizio credibile agli occhi dei cittadini».