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Silvio come Pinocchio: truffato da gatti e volpi

Tra letteratura e politica, il disegno con cui si stringe la morsa attorno a Silvio Berlusconi

Andrea Tempestini
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Ih, Ih, fatina! Nessuno legge più le mie avventure! Così si lamenterebbe Pinocchio dopo aver ascoltato la rassegna stampa di ieri su Radio Radicale, condotta da Massimo Bordin. Il giornalista prendeva spunto dalla vignetta di Libero sulla prima pagina, in cui si mostravano due carabinieri col pennacchio che trascinavano in gattabuia Berlusconi ritratto con  le sembianze del celebre burattino di Collodi. Una illustrazione simile a quella che compariva sulla prima pagina del Fatto, dove però il premier non vestiva gli abiti di Pinocchio. Bordin, constatata l'analogia, ne ha dedotto che il nostro giornale è stato più spietato con Silvio rispetto a quello di Travaglio. Quest'ultimo lo ha raffigurato nelle mani delle forze dell'ordine, noi abbiamo aggiunto la similitudine con il pezzo di legno mentitore.   L'equazione è facile: Berlusconi è un burattino bugiardo. Basterebbe  riprendere il libro e ripassare il capitolo 19, intitolato «Pinocchio è derubato delle sue monete d'oro, e per gastigo, si busca quattro mesi di prigione», per vedere che il parallelismo tra Berlusconi e Pinocchio è di tutt'altro tipo. Anzi, altro che parallelismo! Si tratta di una profezia bella e buona.  Forse Bordin non lo ricorda, ma nel libro si racconta di come Pinocchio venga gabbato dal Gatto e la Volpe, i quali  gli hanno detto di seminare zecchini nel Campo dei miracoli, promettendogli miracolosi guadagni. Quando però Pinocchio torna nel campo, si avvede  che «dove aveva sotterrato i zecchini, nulla». A quel punto, il burattino corre da un giudice per denunciare la truffa subìta, ma seppur innocente (anzi, proprio per questo) viene imprigionato.  La vicenda richiama da vicino quel che potrebbe accadere in questi giorni a Napoli. Silvio Berlusconi viene convocato come persona offesa, compare davanti a una toga da innocente, proprio come il povero burattino. Nonostante ciò, corre il rischio di essere arrestato. Esattamente quello che succede a Pinocchio: dovrebbe ottenere giustizia, invece lo ingabbiano.  Fra l'altro, Collodi è il più crudele dei satiri. Egli raffigura il magistrato come una bestia. «Il giudice era uno scimmione della razza dei Gorilla», scrive con ironia tagliente. «Pinocchio, alla presenza del giudice, raccontò per filo e per segno l'iniqua frode, di cui era stato vittima; dette il nome, il cognome e i connotati dei malandrini, e finì chiedendo giustizia». E invece cosa accade? Il togato si intenerisce e ascolta Pinocchio «con molta benignità» ma al dunque scampanella e due cani mastini «vestiti da giandarmi» irrompono in aula. «Quel povero diavolo è stato derubato di quattro monete d'oro: pigliatelo dunque, e mettetelo subito in prigione», dispone il giudice. E così il povero burattino «sentendosi dare questa sentenza fra capo e collo, rimase di princisbecco». Conclusione: uno che non ha colpe viene sbattuto in cella. Cose che succedono solo nelle favole. E in Italia. di Malabarba

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