Nino Spirlì, parla lo scrittore ex autore di Mediaset: "Io gay e di destra: perché le lobby omo sono pericolose"
Nino Spirlì, classe 1961, è un giornalista e autore crudo, diretto, spregiudicato, tenace, sentimentale, passionale, espansivo e non perdona quando descrive un fatto. Omosessuale, di destra, cattolico, politicamente scorretto, sostenitore della famiglia tradizione, detesta la parola gay, non parteciperebbe mai ad un gaypride e debellerebbe quel tipo di lobby, che giudica pericolose; questo, lo ha reso un nemico del politicamente corretto e di tutte quelle persone irreprensibili, le quali però prendono spesso vie segretamente impervie. Scrittore audace, comico di talento e autore di format tv e soggetti cine-televisivi, nel 1990 è chiamato a Parigi dal Centre Dramatique National Theatre du Campagnol, collaborazione che durerà fino al 1996. Seguiranno gli anni a Roma come autore di Forum, per Canale5 e Rete4, e ideatore di fiction e programmi del piccolo schermo, come la La Fattoria. Da un po' di anni, ha deciso di tornare in Calabria, per stare vicino alla famiglia e godersi i tempi lenti di una terra che offre tanto, sotto il profilo culturale e culinario, quanto soffre. Cattolico, omosessuale, di destra. Per il politicamente corretto è inaccettabile questa situazione. «Ma il politicamente corretto non è la vita. Anzi. Questo maledetto cancro sta minando la serenità dell'umanità. Pochi furbi menzogneri stanno tentando di condizionarci in ogni spontanea manifestazione dell'esistenza. Ci vietano perfino di usare questa o quella parola, questo e quell'atteggiamento. Vorrebbero convincerci che il rovescio sia dritto e viceversa. Io sono profondamente cristiano cattolico, indosso da anni lo Scapolare del Carmelo, recito quotidianamente il rosario, assisto partecipe alla messa. Sono omosessuale: ho amato da omosessuale, sofferto da omosessuale, gioito da omosessuale. Vivo da omosessuale. Per ora: domani, non so. Visto che, prima, ho amato, vissuto, gioito e patito da eterosessuale. E sono fieramente uomo di Destra. Non di centrodestra, ma di Destra. Da quando avevo 14 anni e ancora oggi.» Quanto l'essere credente e omosessuale ha compromesso la sua vita sociale e lavorativa? Se l'ha compromessa. «Mai. Non consento a nessuno e a nulla di nuocere o compromettere la vita. Di tanto in tanto, qualche cretino ci prova, ma lo blocco al primo tentativo. Vede, sono fermamente convinto che la “mia” vita non mi appartenga, per cui sono pronto a cedere tutto. Ma sono altrettanto fermamente convinto che sia un dono del Signore e non mi va che un deficiente qualsiasi possa offendere il volere di Dio, per cui sono sempre pronto a lottare per difenderla. Per quanto riguarda la mia omosessualità in rapporto alla Fede, beh, è l'unico motivo di confronto muscolare con la Chiesa Cattolica, ma non con Cristo e le Scritture.» Non ama la parola gay e non parteciperebbe mai ad un gaypride. Perché? Cos'è per Lei la famiglia? «La Famiglia è la mia radice, la forza e la tenacia. Ho avuto la fortuna di nascere da un padre e da una madre sereni, rispettosi, amorevoli, che mi hanno insegnato e ancora lo fanno, nonostante mio Padre viva ormai nel mondo a fianco, ad essere sempre naturalmente me stesso. Senza mentire mai. Non amo la parola gay perché è straniera, perché significa leggero, gaio, allegretto. E non amo l'orrendo inutile carnevale che è il gaypride. Più che di orgoglio, dovrebbero parlare di vergogna omosessuale. Almeno, in quel caso.» Nel suo ultimo libro, Diario di una vecchia checca, racconta tra l'altro d'aver subito episodi di violenza e discriminazione. Ce ne vuole raccontare uno? «Più che di violenza, parlerei di un vero e proprio stupro. Ne rimasi vittima da ventenne. Dopo le violenze, restai in coma per tre giorni. Mi ci sono voluti anni per ricostruirmi. Una giornalista, tempo fa, dopo aver letto il libro, mi confessò di non aver mai pensato che anche un uomo potesse essere vittima di uno stupro. Eccomi!» Vent'anni in Mediaset come autore e creatore di numerosi format, ma da qualche anno si dedica al teatro e alla scrittura. Non Le piace più la tv? «Diciamo che ho smesso di dire bugie! La tv è finta anche nel segnale orario. Dice quel che vuole diventi vero e tace sul resto. È in mano a poche lobby e a tante merlettaie ciarlone. Con tutto il rispetto, questa televisione non mi attira, mi annoia, mi stanca.» Ha abitato a Roma per tanti anni, frequentando i migliori salotti capitolini. Che rapporto ha con il potere? Esistono le lobby gay? «Sì, ho abitato nella Capitale per oltre trent'anni, tradendola solo con sette anni parigini; poi ho deciso di tornare nella mia Calabria. Dove, peraltro, vivo una vita privilegiata: godo dei tempi rallentati, vivo nella mia casa fatta di pietra, mangio ultrabiologico, trovo il pesce pescato due ore prima e conosco l'animale che da lì a qualche ora mi darà una bistecca. Il potere lo frequento quanto frequento i pescatori, i contadini, i preti, i ricchioni, le massaie, i giornalisti… Non ho pregiudizi: evito di mischiarmi solo ai cretini. Detesto la stupidità umana. Compresa quella della lobby gay, che esiste, è pericolosa, potente e da debellare. Ovunque: per strada, nel Palazzo, nella Chiesa.» Quali sono i prossimi impegni professionali? E sentimentali, se ha un compagno. «Nessuno al mio fianco. Dedico molto tempo alla riflessione, alla scrittura, alla preghiera e alla gente. Ho appena consegnato al mio editore l'ultima stesura del prossimo romanzo, scritto a quattro mani con Maurizio Rigatti, Malumbra e Malacarne, che vedrà la luce in tarda primavera, e sto risistemando, con le ultime correzioni, il successivo, che sarà una bomba per il mondo “misterioso” della ‘ndrangheta. Se Dio vuole…» di Stefano Bini