Il privilegiato
Un tizio viene condannato al carcere e allora dice: andrò in carcere. Gli dicono che può chiedere delle pene alternative ma lui: no, andrò in carcere. Gli dicono che può chiedere i domiciliari ma lui: no, vorrei il carcere, grazie. Allora vuole presentarsi al carcere ma gli dicono che non può, deve aspettare. Lui continua a chiedere il carcere (anche sui giornali e in tv) ma il procuratore capo chiede i domiciliari contro il parere di altri magistrati che pure chiedono: perché non va in carcere? Il giudice di sorveglianza conferma i domiciliari anche se il tizio non li ha chiesti (caso unico) e infatti ripete che preferirebbe il carcere. Lo vanno a prendere per accompagnarlo ai domiciliari - non al carcere - e lui fa subito richiesta formale perché glieli revochino e lo portino in carcere, intanto però lo portano a casa dove inscena una simbolica evasione (per recarsi al carcere, spiega) sicché lo blindano ma non lo portano in carcere (previsto per chi evade i domiciliari) bensì in questura e in tribunale e poi ancora ai domiciliari, dove attenderà l'udienza per la tentata evasione che sfocerà - è sicuro - in una condanna ai domiciliari: doppi. Lui attende, scrive ai giudici («perché voglio il carcere») i quali intanto rispondono alla sua richiesta di revoca dei domiciliari: respinta. Nel frattempo si parla di chiedere la grazia, ma lui: no grazie, vorrei andare in (continua).