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Facci: "It's the press, bellezza"

Monti si fa intervistare solo dai giornali stranieri. Perché? Perché non siamo noi italiani i suoi referenti...

Nicoletta Orlandi Posti
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Anche ieri Mario Monti ha parlato, sì, ma al Financial Times. Dopo un anno si può anche dirlo: non gliene frega niente di comunicare con gli italiani e i loro giornali. Il premier, in dieci mesi, ha rilasciato interviste a una settantina di testate straniere: anche coreane, libanesi, egiziane e polacche. Le predilette sono Bloomberg, Wall Street Journal e Frankfurter Allgemeine. Le interviste italiane sono rarissime, tanto che il premier (come per il tormentone sul Monti bis) in genere parla a giornali stranieri e solo dopo c'è il rimbalzo in Italia. Oltre alla surreale Betty Olivi - l'altezzosa portavoce che fa da semaforo alle interviste dei ministri - Monti ha assunto un'addetta stampa che lavora solo a Bruxelles: ma che è portoghese, e prepara comunicati e dossier solo in inglese. Poi ci sono ministri, come Paola Severino e Corrado Clini, che accorrono spediti a ogni incontro organizzato dalla stampa estera, un tempo snobbata e oggi piazzata su un piedistallo. Il perché è semplice: i referenti di Monti, com'è noto, non sono gli italiani e gli elettori che non l'hanno eletto, ma i mercati e la troika, che poi sono gli elettori che l'hanno eletto. E potete anche rispiegare per la milionesima volta come ci siamo arrivati, ma non bisogna mai stancarsi di dirlo e di scriverlo: siamo commissariati, siamo un paese a sovranità limitata.

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