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Tutto previsto: la protezione civile dov'è?

Quanto ci manca Bertolaso. Il suo erede ieri mattina diceva: "Tutto sotto controllo" e nel pomeriggio "salite sui tetti"

Costanza Signorelli
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Tre cadaveri sepolti nel fango, due bimbe e la loro mamma sommerse dall'acqua in uno scantinato allagato a Marassi. È la fotografia di Genova in ginocchio, travolta dall'esondazione di due torrenti. Sono bastati 300 millimetri di pioggia battente a gonfiarli  fino a farli scoppiare. Non ci voleva un indovino per capire che la zona era a rischio. Nonostante quel che la scorsa settimana  era accaduto alle Cinque Terre e in Lunigiana, il pericolo è stato sottovalutato. Chissà cosa sarebbe accaduto, in Liguria e in Toscana, se le cinque direzioni generali della Protezione Civile non funzionassero secondo gli obiettivi fissati in “previsione, prevenzione, valutazione, mitigazione”. Ovvero, chissà quali disastri si sarebbero evitati se a capo della struttura ci fosse ancora Guido Bertolaso. Pensavano di averlo sostituito degnamente, mettendo al suo posto Franco Gabrielli, l'ex prefetto dell'Aquila divenuto successivamente commissario straordinario del governo per l'emergenza terremoto in Abruzzo. Non si erano accorti che, se in quell'occasione aveva agito bene, era solo perché si era sdraiato all'ombra di Bertolaso, prestandosi come il suo spicciafaccende. Bravo a eseguire, insomma. Quando si tratta di organizzare, però, il discorso cambia. Non che sia difficile seguire le linee guida già tracciate. Le regole impongono di studiare gli scenari “in tempo di pace”, quando cioè non vi sono emergenze in atto. Non basta attivarsi in tempo e intervenire velocemente. Si devono valutare gli eventi prima che accadano, elaborare gli strumenti con i quali porre rimedio agli effetti delle catastrofi. È la mentalità prefettesca ad agire come la sabbia nel motore. Burocraticamente, gli eventi eccezionali sono divisi in categorie. Il tipo A è il livello locale, il B ha un'estensione regionale e il C, infine, riguarda il territorio nazionale. Solo quest'ultimo, in teoria, rientra fra i compiti della Protezione Civile. L'interventista Bertolaso, al primo sentore di un disastro, si precipitava a Palazzo Chigi e faceva firmare al presidente del Consiglio una dichiarazione di stato d'emergenza nazionale. Come secondo step, piazzava una sala operativa direttamente sul luogo e da lì coordinava i lavori. Gabrielli no. Lui agisce nei termini di legge: i livelli A e B non sono affar suo. Ci devono pensare i Comitati provinciali e regionali. Sono le regole a cui un funzionario dello Stato ritiene di doversi attenere scrupolosamente. Così ieri ha convocato il comitato operativo per le 17, quando il bilancio delle vittime dell'inondazione a Genova ormai era già salito a sei. Per fortuna ci sono i Vigili del Fuoco, altrimenti ci si dovrebbe affidare alle raccomandazioni del Comitato di Protezione civile del Comune di Genova, che si limitano al consiglio di «trovare rifugio su un vagone ferroviario fermo sul binario 1 della stazione di Brignole», o a seguire le indicazioni del Comitato regionale: «Tutti quelli che si trovano nell'area del Bisagno si allontanino» e fa appello a «chiudere tutte le attività» mentre suggerisce, a chi non può allontanarsi, di «trovare riparo ai primi piani delle abitazioni».. Impreparati, si improvvisa. Del resto in mattinata Gabrielli aveva provveduto a rassicurare la popolazione: «Siamo assolutamente pronti. Il Levante ligure tecnicamente non è riferibile a una situazione di criticità elevata, al contrario della Liguria centrale e di Ponente, ma in considerazione di quanto avvenuto in precedenza è stato portato a una situazione di elevata criticità». Giusto, la crisi riguarda esclusivamente lui. Per i parenti di chi è rimasto travolto, suona quasi beffardo l'annuncio dell'insediamento, a metà novembre, di una nuova Commissione grandi rischi, con la partecipazione della Protezione civile e del mondo dell'Università. Ma è tutto quello che Gabrielli è riuscito a escogitare ieri, intervenendo a un convegno sull'alluvione del 1966 e la prevenzione del rischio idrogeologico a Firenze. Siamo nel 2011, forse non è ancora stata diramata la circolare per informarne anche il capo dipartimento della Protezione Civile. Quando dirigeva la Digos di Firenze, almeno, aveva il calendario. Poi, passato alla direzione del Sisde, aveva spostato l'orologio indietro, smantellando la struttura. E pensare che si vedrebbe già nel ruolo di capo della Polizia. di Andrea Morigi

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