Messina, scontro tra chirurghi
Gli specializzandi sono insoddisfatti del livello di formazione offerto dal Policlinico Universitario. E professori e direttori delle scuole perdono tempo a scannarsi
Gli specializzandi in chirurgia del Policlinico Universitario di Messina sono agguerriti e insoddisfatti. La formazione offerta ai giovani laureati di Medicina, che sognano di salvare i pazienti in sala operatoria, è, a detta dei diretti interessati, di basso livello, nonostante lo Stato italiano e la Regione Sicilia spenda ogni anno 70 mila euro a specializzando. Eppure in sei anni nessuno di loro colleziona un adeguato numero di presenze in sala come primi operatori. E gli interventi si riducono nella maggior parte dei casi a qualche biopsia e unghia incarnita. Niente paura: alla fine del percorso tutti avranno il loro bell'attestato di "Medico specialista in Chirurgia". Ma quanti di loro credono di essere davvero pronti a impugnare il bisturi? Pochi, secondo il sondaggio promosso nell'ottobre 2009 dal preside della Facoltà di Medicina, Emanuele Scribano, e riportato dal settimanale locale Centonove. Per il 72% degli intervistati la formazione ricevuta si merita un'insufficenza. E nessuno azzarda un "buono" né tantometo un "ottimo". Il sondaggio scatena una guerra tra i chirurghi messinesi. E si oscilla tra lo scaricabarili e la denuncia di problemi che restano comunque inaffrontati. Per i quattro ordinari di chirurgia generale del Policlinico per colpa di una "non lungimirante gestione delle scuole", l'istituto di specializzazione di Messina si è trasformato in "un ammortizzatore sociale che elargisce stipendi per sei anni a chi risulta vincitore di un concorso di ammissione". Luigi Angiò, direttore di una delle tre scuole, si difende: "La sortita diei miei colleghi - si legge ancora sul settimanale - è strumentale. Basti dire che hanno usato i risultati di un sondaggio che non ha riguardato solo gli studenti di Chirurgia generale ma di tutte le chirurgie anche quelle specialistiche per attaccare solo la generale". I quattro - Pippo Navarra, Ciro Famulari, Letterio Calbo e Eugenio Cucinotta - nella lettera al rettore Tomasello e al direttore amministrativo dell'ateneo Cardile, lamentano il fatto che la maggior parte degli studenti delle scuole preferisce frequentare i reparti di chirurgia di strutture sanitarie e private piuttosto che quelle del Policlinico. E così tra i chirurghi scoppia la guerra. Nella nota accusano Angiò di non mandare gli specializzandi al Policlinico, e Angiò che denuncia la carenza di mezzi della struttura, rilancia accusando lo stesso Famulari di aver rifiutato l'assistenza degli specializzandi in sala operatoria. preferendo quella di un medico esterno. La patata bollente, insomma, passa di mano in mano, e, secondo Angiò, anche i quattro firmatari della nota, in fin dei conti, avrebbero il carbone bagnato: "Criticano la scelta di mandare gli specializzandi in altre strutture. Non voglio fare nomi, ma mi risulta lo abbiano fatto anche loro".