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Conclave, Reinhard Marx: l'incubo di un Papa comunista

L'arcivescovo di Monaco e Frisinga considera la lezione del suo omonimo comunista fondamentale per la Chiesa: anche lui tra i papabili
di Marco Respinti lunedì 28 aprile 2025

3' di lettura

Nella Chiesa Cattolica i Papi li sceglie lo Spirito Santo, ma non sono predestinati. Il Cielo suggerisce un nome ai cardinali elettori e questi, liberi, possono mal comprendere o non ascoltare. Se lo fanno, il conclave successivo riaggiusta il tiro. Però non è una buona ragione per sperare che il prossimo Pontefice sia il cardinal Reinhard Marx, 71enne arcivescovo di Monaco e Frisinga, in Germania. Sembra uno scherzo, ma, in una intervista alla Frankfurter Allgemeine Sonntagszeitung del 30 aprile 2018, il porporato Marx ha ritenuto che, sulle questioni sociali, l’altro Marx, Karl, abbia avuto l’intuizione giusta e che dunque il padre del comunismo abbia avuto da insegnare alla Chiesa. 

Eppure Papa Francesco scriveva quasi in contemporanea il contrario nella prefazione al volume di testi scelti di Benedetto XVI Liberare la libertà. Fede e politica nel terzo millennio (Cantagalli, Siena 2018). Appena prima, il 20 aprile, il cardinale Marx citava al Rheinische Post il gesuita tedesco Oswald von Nell-Breuning (1890-1991): «Noi siamo tutti sulle spalle di Karl Marx». Ma c’era malizia, perché quel suo connazionale aveva esercitato influenza decisiva sull’enciclica anticomunista Quadragesimo anno (1931) di Papa Pio XI, che difende la proprietà privata come dato di diritto naturale. Biblioteche intere confutano del resto il card. Marx e chi lo sa bene è proprio lui. Nel suo Il capitale. Una critica cristiana alle ragioni del mercato (Rizzoli, Milano 2009) lo scriveva a chiare lettere. Ma poi il vento è cambiato e il cardinal Marx seguito al cardinal Marx si è fatto irriconoscibile. Al settimanale tedesco Stern, il 30 marzo 2022, ha per esempio detto: «Il catechismo non è scolpito nella pietra. Si può anche mettere in discussione ciò che afferma». 

Ovvio, il catechismo è scritto da uomini, ma sintetizza (e il librone voluto da san Giovanni Paolo II nel 1997 pure analizza) il contenuto della fede cattolica secondo il magistero pontificio e la Tradizione, che in materia teologica e morale sono infallibili. È possibile, dunque, immaginarlo Papa? «L’omosessualità non è un peccato», ha aggiunto il cardinale Marx a Stern. Ora, nessun uomo di Chiesa predica l’odio contro le persone omosessuali, ma l’uomo stravolge la Chiesa se si sostituisce a essa. Anche sul matrimonio il pensiero del cardinale tedesco è fuori asse. A Stern si disse a favore dei preti sposati e in un’intervista al periodico gesuita statunitense America del gennaio 2015 ha invocato pure sul divorzio l’«aggiornamento»: in italiano, perché è in italiano che in tutto il mondo e in ogni lingua si adopera questa parola d’ordine ideologica da quando iniziò il sabotaggio progressista del Concilio Ecumenico Vaticano II, proprio per sottolineare come non si tratta affatto di un semplice rinnovamento. 

Al Sinodo dei vescovi del 2015 il cardinale Marx si pronunciò apertamente a favore delle unioni sponsali fra persone dello stesso sesso e più volte ha ammesso di averne benedette. La parola «inclusività» la adopera come un mantra e un randello, auspica una Chiesa dove il Successore di Pietro sia una spesie di riunione di condominio, ma san Giovanni Paolo II, che lo chiamava, per celia seria, «il nostro marxista», lo fiutò per tempo. Ovvio, insomma, che il cardinale Marx sia il vero capo della rivolta para -scismatica contro la dottrina che i vescovi tedescofoni di Germania, Austria e Svizzera hanno scatenato in modo tanto smaccato da venire contrastati dal papa appena sepolto Francesco. Marx al posto del Papa sarebbe insomma uno scherzo di pessimo gusto.

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