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Conclave, la parola della settimana (e del prossimo mese)

Dal Vaticano alla politica: il futuro passa da questa riunione riservatissima
di Massimo Arcangeli domenica 27 aprile 2025

2' di lettura

Col termine conclave, di epoca trecentesca, oltre all’assemblea dei cardinali incaricati di eleggere in seduta plenaria un nuovo pontefice (riunirsi in conclave), si può indicare il luogo stesso (entrare in conclave) in cui i porporati vengono isolati dal mondo perché scelgano il prelato cui affidare il ruolo di capo supremo della Chiesa cattolica. Il latino omonimo della voce italiana, composto da cum e clavis (“chiave”), e dunque da intendersi “(stanza) che si può chiudere a chiave”, era stato adoperato per la prima volta nella sua accezione religiosa da papa Onorio III (1216).

Un conclave non è però solo quello destinato all’elezione di un papa fra i papabili, i membri del Sacro Collegio cardinalizio che abbiano maggiori possibilità di sedere sul soglio di Pietro, o di chiunque altro aspiri a una nomina, a un’investitura, a un ruolo, ecc., con chance di riuscire: «Spentosi l’interludio erotico, si tornò al tema che il commendatore Zerillo denominò dei papabili: di coloro cioè che scapoli, di età tra i trenta e i quaranta, laureati, di bella presenza, di buon carattere, con probabilità di successo avrebbero potuto aspirare al letto e ai beni della vedova Roscio» (Leonardo Sciascia, A ciascuno il suo, 1966).

Il 12 e il 13 maggio 2013, in un ambiente politico già ammantato di religiosità, Enrico Letta, come prima di lui Romano Prodi, rinchiuse i ministri del suo Governo nel conclave dell’abbazia di Spineto, al confine della Val d’Orcia, per tenerli al riparo dai rumores e dalle tentazioni esternatrici delle manifestazioni di piazza e dei talk show, sempre più simili a circhi, arene, caravanserragli che a luoghi di confronto nel dibattimento e nel dialogo. Letta mise allora in scena, coi suoi apostoli laici, un seicentesco oratorio, sobrio controcanto di una sacra rappresentazione (o di una sceneggiata): gli abiti dimessi, le liturgie silenziate, le voci attutite. Era uno dei tanti tratti, già a quell’altezza temporale, di una teatralizzazione parareligiosa della politica di cui era stato fino a quel momento leader indiscusso il capo spirituale e fondatore – insieme con Gianroberto Casaleggio – del Movimento 5 Stelle.

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