Papa Francesco, le foto simbolo di un rito collettivo

La bara portata a spalla fuori da San Pietro, la benedizione in piazza, la Papamobile fra due ali di folla, le lacrime degli umili, la traslazione a Santa Maria Maggiore
di Caterina Maniacidomenica 27 aprile 2025
Papa Francesco, le foto simbolo di un rito collettivo
4' di lettura

Tutto inizia com’è prevedibile, con una folla simile che si accalca fin dalle prime ore del mattino. Molte chiacchiere, qualche spintone per guadagnare le prime fila, selfie e gomitate al grido “hai visto chi c’è? Ma quella non è...”, e poi blocchi stradali e processioni di auto blu. Ma pian piano si fa spazio il silenzio, la preghiera, si fanno strada le lacrime e pensieri che volano più in alto. È il momento dei funerali di papa Francesco, il sagrato della basilica di San Pietro diventa il centro del mondo. Non solo perché ora sono qui riuniti i grandi della terra, e si assiste a qualcosa di imprevisto e di imprevedibile, come il dialogo a quattr’occhi tra il presidente Usa Donald Trump e quello ucraino Volodymyr Zelensky, seduti dentro la Basilica, prima delle esequie.

Un’immagine che è consegnata subito al mondo intero e alla storia. Un piccolo miracolo, se si vuole pensarla così, mentre papa Francesco viene accompagnato alla sua ultima dimora terrena. Questa lunghissima giornata comincia all’alba, anzi per la verità per molti è cominciata anche prima, nel cuore della notte, soprattutto per le forze dell’ordine, i volontari della Protezione Civile e tutti gli addetti alla mastodontica macchina dell’organizzazione che c’è dietro a tutto questo. Basta leggere alcune delle cifre: in piazza ci sono oltre 250.000 fedeli, 166 tra capi di Stato e delegazioni internazionali, 4.800 giornalisti e quasi 5 mila sacerdoti, 220 porporati. In campo quattromila uomini e donne delle forze dell’ordine, di cui più di mille per le scorte alle delegazioni straniere.

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Sono solo alcuni tra i tanti numeri che raccontano quello che il cardinale decano Giovanni Battista Re, che ha celebrato le esequie e pronunciato l’omelia, ha definito «il plebiscito di manifestazioni di affetto e di partecipazione che ci dice quanto il suo intenso Pontificato abbia toccato le menti e i cuori». Il cardinale traccia il ritratto e il bilancio di questo Pastore Pastore fino all’ultimo, si potrebbe dire, «con forza e serenità, vicino al suo gregge». E infine si rivolge al Papa stesso: «Ora prega per noi».
In realtà, l’immagine vera di questa giornata dei record è forse quella della bara di legno, essenziale, in mezzo alla piazza, con il libro del Vangelo posto sopra le cui pagine, lentamente, vengono sollevate, quasi sfogliate da un leggero vento. E subito alla memoria si riaffaccia un’immagine simile, durante un altro addio commovente, quello al grande Giovanni Paolo II, il papa santo, anche lui posto in una bara semplice, mentre un vento, più freddo e forte sfoglia le pagine del Vangelo... Allora si ha la tangibile impressione che la storia della Chiesa sia un lungo, resistente filo che unisce persone e idee, in un disegno che a volte si può solo intuire... Il “suo popolo”, la gente senza la quale il Papa non poteva stare, si fa silenzioso, mentre il rito procede, si sentono i rumori degli elicotteri, che incessantemente sorvolano la zona, e qualche gabbiano che lancia i suoi richiami sopra la piazza.

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L’attenzione e la cura dei poveri, degli ultimi, di quelli che vivono ai margini, nelle periferie del mondo, sono stati un continuo richiamo di Francesco (ma in fondo di tanti altri pontefici) e molti di loro sono qui, come i tanti senzatetto che hanno trovato un rifugio proprio sotto il loggiato di San Pietro, ma a dare l’ultimo saluto al Papa, ci sono anche i potenti e i reali della Terra. Il principe William, in rappresentanza del re d’Inghilterra. Il re del Belgio Filippo e la regina Mathilde. Dalla Spagna il re Filippo e la regina Letizia, il presidente francese Emmanuel Macron con la moglie, solo per citarne alcuni. Per l’Italia il presidente della Repubblica Sergio Mattarella, con la figlia Laura e la premier Giorgia Meloni, i presidenti di Senato e Camera, Ignazio La Russa e Lorenzo Fontana. Insieme al presidente della Corte costituzionale Giovanni Amoroso e il ministro degli Esteri Antonio Tajani.

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Si conclude il rito, la tensione si scioglie un po’, giusto il tempo di veder partire il corteo papale che attraversa Roma per raggiungere la basilica di Santa Maria Maggiore, sei chilometri circa la distanza, a passo d’uomo, lento e solenne dal principio, poi incalzante, mentre almeno 150.000 persone (verrà poi comunicato) si accalcano lungo le strade. La papamobile trasporta il feretro del Papa, del Vescovo di Roma che saluta e benedice la sua città per l’ultima volta. A Santa Maria Maggiore Francesco ha voluto fosse preparata la sua tomba, vicino alla Salus Populi Romani, l’icona mariana alla quale era molto devoto. Qui è venuto, da Pontefice, ben 126 volte. E oggi, ad accoglierlo per primi, ci sono quaranta poveri, senza fissa dimora, detenuti, migranti: ognuno con una rosa bianca in mano. Che ora appaiono un po’ intimoriti, quasi volessero stare in disparte.

La cerimonia della sepoltura è in forma privata. Il feretro entra nella basilica di Santa Maria Maggiore con il canto del Magnificat. I canonici della basilica vaticana accompagnano il feretro di Papa Francesco in questo ultimo viaggio all’interno della basilica. I sediari pontifici si sono fermati davanti alla Cappella Paolina: l’ultimo omaggio di Papa Francesco alla Salus Pupuli Romani. La tumulazione ha avuto inizio alle 13 in punto, tutto secondo le precise prescrizioni dell’Ordo Exsequiarum Romani Pontificis. Finisce qui la storia terrena di Jorge Bergoglio, il 266esimo Pontefice della Chiesa Cattolica con il nome di papa Francesco.