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Ramy, accuse smontate: nel video cancellato nessuna prova contro i carabinieri

di Claudia Osmetti venerdì 25 aprile 2025

4' di lettura

Un’altra, ulteriore, svolta sul caso di Ramy Elgaml, il ragazzo di origine egiziana morto lo scorso autunno dopo un inseguimento da parte dei carabinieri di Milano. A metterla nero su bianco, quest avolta, sono di due avvocati (i legali Michele Apicella e Pietro Porciani) che difendono gli agenti indagati per falso, frode processuale e depistaggio: il caso dentro al caso riguarda il video di un testimone a cui è stato chiesto, immediatamente dopo quegli attimi drammatici del 24 novembre 2024 in via Ripamonti, di cancellarne le immagini. Da qui in avanti è una questione di secondi. E di metri. Perché da una parte c’è la polemica infinita sollevata contro le forze dell’ordine anche su questo fronte (per quale motivo - ripete da mesi chi le ha già giudicate colpevoli - domandare l’eliminazione dei frame se non per coprire errori fatti durante la corsa notturna?) e dall’altra c’è una spiegazione che sta, faticosamente, venendo a galla. Quel girato non sarebbe risolutivo per nulla, nontoglierebbe mezzo dubbio, non aggiungerebbe una virgola al racconto di quelle terribili ore.

È nelle pagine di una memoria depositata ai pm milanesi che Apicella e Porciani spiegano, con dovizia, com’è andata. Ed è andata che il giovane con lo smartphone, quello che inquadra via Ripamonti mentre si riempie di sirene perché si trova (quasi) nel posto giusto e al momento (quasi) giusto, è un filino troppo distante dal punto esatto in cui lo scooter su cui viaggia Ramy finisce rovinosamente a terra. Freddo. Buio. Sono le 4:03:40 di quella mattinata infernale. Siccome il video “dello scandalo” non esiste più, ai difensori non resta che un ragionamento deduttivo: sul cellulare del testimone ci sono ancora due clip, una dura pochissimi secondi (inizia alle 4:02:58 e finisce alle 4:03:08). Ramy è ancora vivo, la motoretta si sta avvicinando a folle velocità, ma convertendo i decimali con i sessagesimali delle coordinate di Google maps viene fuori un particolare. Chi ha in mano quel telefono in modalità fotocamera, in quel preciso istante, si trova sì in via Ripamonti, però 290 metri prima del marciapiede su cui lo scooter sta per ribaltarsi. Quasi 300 metri, a piedi, a quell’ora, non sono pochi.

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Sono percorribili «in quattro minuti circa», dice la perizia di Apicella e Porciani: facciamo anche qualcosina meno considerando l’adrenalina e uno scatto subitaneo. Il testimone, e il suo smartphone, non sarebbroe arrivati alla stazione di rifornimento in cui avviene l’incidente che intorno alle 4:07:e qualche frazione di secondo. Dopo lo schianto, cioè: e, non bastasse, il video successivo sul dispositivo è datato 4:16; particolare perfettamente in linea con la ricostruzione. Quel telefonino «non avrebbe potuto registrare video o immagini dell’inseguimento né dell’incidente immediatamente successivo», specifica la memoria, e i file che erano presenti sulla sua memoria «non contenevano elementi utili a stabilire eventuali responsabilità da parte dei carabinieri». Quindi, Apicella e Porciani chiedono l’archiviazione del procedimento a carico dei loro due assistiti per «insussistenza degli indizi di colpevolezza». Ma c’è di più: la tesi nata da queste «discrepanze significative» è supportata da alcuni messaggi che il testimone dello smartphone manda, in quegli istanti là, a un suo amico. «Domani vedrai la notizia. Eravamo al bar. Sentiamo un Tmax e una sirena, comincio a fare un video... Fra, provano a rianimarlo (...) ha preso il palo a 150 all’ora».

Ancora: «Fra, dalla cappa ho tirato fuori il cell e ho fatto i video, appena ho sentito il botto ho schiacciato il tasto per spegnere il cell e siamo andati lì correndo. Sinceramente non ne ho idea se abbiamo o meno ripreso, ma dopo ho iniziato a fare i video di tutto, quando erano per terra, dov’erano, cosa stavano facendo i carabinieri». Tutto ciò che è riuscito a inquadrare, insomma, questo ragazzo testimone per caso, sono i soccorsi e le ambulanze e il dopo incidente. Rimane la questione di fondo, che è anche la controversia principale a cui si attaccano le dispute in tivù e sui giornali: perché far cancellare il video se, tra l’altro, non aveva ripreso nulla? La risposta è comprensibilmente una sola: per una questione di decenza e di pudore. Ci sono due ragazzi a terra, c’è appena stato trambusto, un inseguimento a folle velocità ha tagliato a metà la notte: stanno arrivando i paramedici, gli infermieri, Ramy non è ancora morto, però è gravissimo, bisogna portarlo urgentemente in ospedale. Mettersi a riprendere questo è quantomeno poco decoroso e fuori luogo. Gli uomini dell’Arma che sono lì se ne accorgono. Probabilmente immaginano che nella registrazione non ci possa essere nulla di significativo. Altrettanto probabilmente chiedono al “regista” improvvisato di sbarazzarsene per questa ragione.

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