Nella storia recente d’Oltretevere il binomio più azzeccato è stato di sicuro quello tra Wojtyla, indimenticato Giovanni Paolo II, e il suo prefetto del dicastero per la dottrina della Fede, Joseph Ratzinger. Il primo era stato eletto Papa il 16 ottobre del 1978 e nella sua qualità di successore di Pietro tre anni dopo nominò l’allora arcivescovo di Monaco di Baviera a capo di quel fondamentale dicastero vaticano che promuove e tutela l’integrità della dottrina cattolica. Il teologo Ratzinger fu quindi il prefetto del “Sant’Uffizio” sotto il pontificato del papa polacco, per il suo nuovo ruolo lasciò la Germania e si trasferì a Roma, quasi a sorpresa, nel 2005 divenne papa con il nome di Benedetto XVI, «umile servitore nella vigna del Signore» per sette anni e 315 giorni, fino al ritiro.
Oggi al vertice del dicastero per la dottrina della Fede c’è il cardinale Victor Manuel Fernàndez ed è a lui che tanti guardano per il dopo Bergoglio, sia per il precedente illustre che potrebbe ripetersi (sebbene accada raramente), sia per il rapporto molto stretto tra il Santo Padre e il prefetto da lui scelto: amici fin dai tempi in cui era arcivescovo a Buenos Aires e così vicino a lui da escludere in modo netto, anche nei lunghi giorni del ricovero al Gemelli, le dimissioni del Pontefice. «Dedicherà il tempo che gli resta agli altri senza risparmiarsi, ma non farà come Ratzinger, non si dimetterà», ha detto a marzo. Aveva ragione.
"Il Papa è morto prima". Riecco i complottisti
Qual è il colmo per un sito che si diverte a smascherare i “complottisti”? Essere il capofila dei com...Fernàndez è argentino come il suo mentore, è nato nel 1962 nella provincia di Cordoba, città dove si è formato proseguendo poi la specializzazione Biblica alla Pontificia Università Gregoriana di Roma. È arcivescovo emerito di La Plata dal 2018 e dal 2023 guida l’organo della Santa Sede che si occupa di vigilare sulla correttezza della dottrina cattolica; Francesco accompagnò la sua nomina con una lunga lettera in cui spiegava l’importanza della «missione» riconoscendo che «il dicastero in altre epoche arrivò ad utilizzare metodi immorali».
Per questo affidò all’amico “Tucho” un incarico così delicato, aggiungendo la presidenza della Commissione Teologica internazionale. Non solo. Il porporato argentino è considerato il ghostwriter di Francesco, è stato come lui parroco nelle periferie del mondo, e una volta in Vaticano è diventato membro del dicastero per l’Evangelizzazione, per le Chiese Orientali, per i Vescovi, per i Laici, per la Famiglia e la Vita; per la Cultura e l'Educazione; per i Testi Legislativi; per la Promozione dell’Unità dei Cristiani.
Il nome di Fernàndez non figura nella rosa dei papabili (sarebbe il secondo argentino di fila), ma non è detto che non possa rappresentare la carta coperta di chi vuole proseguire nel solco di Francesco. Osteggiato infatti dagli anti-bergogliani perché considerato troppo sovrapponibile a lui, “Tucho” è stato tra gli autori materiali delle sue encicliche ed esortazioni, esponente della linea avanguardista di riforma della Chiesa voluta dall’ultimo inquilino di Santa Marta ma combattua dall’interno. Su di lui, però, pesa lo scandalo di un libro sull’orgasmo scritto nel ’98. «Un testo della giovinezza che non riscriverei oggi», ha detto quando i detrattori hanno fatto scoppiare la polemica. In realtà era un testo per la catechesi delle giovani coppie, ma i conservatori non gliel’hanno mai perdonato.