Se l’era cavata con una denuncia. Non c’erano nemmeno gli estremi per un fermo di ventiquattr’ore. Dawda Bandeh, il gambiano di 28 anni che, il giorno di Pasqua, ha ucciso Angelito Acob Manansala nella villetta all’Arco della Pace di Milano dove l’uomo lavorava come domestico e (dopo) s’è messo a rovistare nei cassetti in cerca di contanti o gioielli come se nulla fosse accaduto, era stato pizzicato per furto (non una ma due volte) poco prima. La sera di sabato in zona porta Romana, cioè nell’esatta posizione speculare rispetto a via Giovanni Randaccio (dove si è consumato l’omicidio-furto), a sud-est della Madonnina. Uno di quei colpi che a raccontarli sembrano quasi una ragazzata: via Crema, Bandeh ruba un paio di jeans e un ombrello da un balcone; due poliziotti di una volante lo intercettano e scatta, per lui, una denuncia a piede libero. Passa la notte, sono le 5.45 di domenica mattina: adesso siamo invia Melchiorre Gioia, altro quartiere di Milano, quello della stazione Centrale, zona nord-est. È l’alba, un uomo esce sul terrazzo di casa e se lo trova lì.
Bandeh non fa una piega, intervengono (di nuovo) le forze dell’ordine che lo portano alla caserma Montebello di via Vincenzo Monti, dall’altra parte del parco Sempione che farà da contorno alla vicenda principale di questa storia intricata, ingarbugliata e per certi versi pure un po’ assurda. L’unica cosa che gli agenti possono contestargli, adesso, è la violazione di domicilio. Il centroafricano non ha (materialmente) rubato neanche un coccio di fiori in quell’abitazione e, in più, manca la flagranza per perfezionare il reato. Risultato: (ancora) libero, (ancora) con una denuncia sul fascicolo ma capirai che deterrente sia, (ancora) a zonzo.
E infatti è poco lontano che Bandeh vede, forse per caso, una villetta Liberty in via Randaccio, su per giù a mezzo chilometro dalla caserma che ha appena lasciato. Agli agenti ha assicurato che sarebbe andato a letto, torno-a-casa-non-preoccupatevi, ma evidentemente i piani li cambia rapidamente. Le immagini di videosorveglianza della villetta lo riprendono mentre scavalca i due metri di muro di cinta che da sulla strada: ha appena visto, questo ragazzotto straniero che è in Italia con un permesso di soggiorno regolare e ha solo qualche piccolo precedente con la giustizia per giuda in stato di ebrezza, Angelito uscire con un cane. Probabilmente è per questo che pensa che sia una “retata” facile, che non ha niente da perdere dato che, tra l’altro, è anche la mattinata di un giorno di festa. Se quella villetta è vuota può agire completamente indisturbato.
Non sarà così. Non lo sarà perché Angelito sta facendo solo una piccola passeggiata: rientrerà a casa di lì a poco, se lo troverà davanti (un po’ come è successo qualche ora prima in via Gioia) e non avrà neanche il tempo di reagire e di dare l’allarme. Il 28enne lo strangolerà (almeno secondo la prima analisi forense del medico legale, per l’autopsia vera e propria bisogna aspettare) e rimarrà in casa per tutto il giorno col cadavere del domestico filippino di 61 anni sul pavimento e l’intenzione di rovistare, sondare, controllare ogni anfratto per racimolare quel che può. Sarà solo poco dopo le 18 (quindi all’imbrunire) che il proprietario 52enne della villetta, un israeliano, rientrerà nella sua abitazione dopo una settimana di vacanza. E si troverà quella scena indimenticabile davanti: il suo collaboratore domestico steso per terra, immobile, e un’intruso col naso infilato in qualche armadio. Chiuderà la porta, chiamerà il 112, due volanti arriveranno sul posto e sarà necessario addirittura il taser per bloccare (‘stavolta definitivamente, si spera) Bandeh che si dimenerà come una furia e tenterà di scappare aggredendo persino i poliziotti accorsi. Le indagini, adesso, sono coordinare dal pm milanese Andrea Zanoncelli e stanno vagliando tutti gli aspetti della vicenda: tanto per cominciare stanno cercando di rispondere alla domanda sul perché il gambiano sia rimasto in quella villetta per più di un pomeriggio (non risulta che fosse in cura per qualche patologia psichiatrica), poi dovranno chiarire quanto è durato lo scontro tra lui e Angelito, come è andato nei dettagli, cosa sia avvenuto per davvero. Quel che è certo è che Angelito doveva sposarsi tra neanche sei mesi (a ottobre prossimo) nelle filippine con la sua compagnia Laurelia che, appena saputo quanto accaduto, è scoppiata in lacrime: anche perché il programma di quella maledetta giornata, per loro, era di andare a messa e poi di pranzare assieme al ristorante. Dalla passeggiata col cane il 61enne non ha più dato sue notizie. Lei, Laurelia, ha provato a chiamarlo ripetutamente sul cellulare, ma suonava a vuoto.